sabato 28 dicembre 2013
Caro anno nuovo ......
mercoledì 27 novembre 2013
lunedì 25 novembre 2013
domenica 3 novembre 2013
Veniceland ? Se gestito bene, si grazie !
martedì 22 ottobre 2013
Un bel discorso di Papa Francesco
venerdì 18 ottobre 2013
mercoledì 16 ottobre 2013
A Venezia chiedo : si può vivere solo di turismo?
IL GAZZETTINO
Pag 1, 24 “A Venezia chiedo: si può vivere soltanto di turismo?” di Paolo Navarro Dina
L’uomo e la fede come amica, la centralità della famiglia, il Veneto e il destino della sua “capitale”: le riflessioni del Patriarca Moraglia
Nuovi discepoli per un nuovo Vangelo tra la gente. E sopra a tutto: la fede in un mondo in evoluzione. Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia rilancia la riflessione. Da pochi giorni è in libreria il suo libro "Una fede amica dell’uomo" (Cantagalli Editore, 8 euro). Monsignor Moraglia ha accettato di rispondere ad alcune domande del Gazzettino.
Eccellenza, nell'introduzione al suo libro, citando le parole di Papa Francesco, si dice che la Chiesa è chiamata ad andare incontro al mondo, con profondo sguardo di fede e con condiscendenza e simpatia di fronte alle tante ferite degli uomini
«Parlando di una "fede amica dell’uomo" ho voluto ricordare che è proprio della fede cristiana porsi in profonda sintonia con Dio che cerca l’uomo nella concretezza della storia. A mio avviso è necessario ripartire dalla società, considerata come anima dello Stato. Mi riferisco qui ad un rinnovato impegno di animazione e "cultura sociale" che, soprattutto nel nostro Veneto, può trovare un terreno fertile. La recente esperienza della 47^ Settimana sociale di Torino: ci ha aiutato a cogliere come la famiglia sia elemento forte e realistico per la vita delle persone e della società; se la famiglia è debole, ci ritroveremo persone più fragili, una società e uno Stato più deboli».
Citiamo:"La città è luogo di crescita e di progresso, ma pure di un possibile allontanamento da Dio. La città è anche luogo di peccato e lontananza da Dio". E Venezia?
«A volte, guardando il costante flusso turistico che attraversa la città d’acqua, mi chiedo fino a che punto questa parte di Venezia possa percepire fino in fondo la situazione di crisi che in tante zone di quello che era detto il “ricco Veneto” si avverte in modo evidente. So, però, che pure qui si avvertono problemi non di poco conto e lo sanno bene gli operatori del settore. E ci si chiede: si può vivere, alla fine, solo di turismo? E, se fosse così, non si rischia di pagare lo scotto, pesante, di una città sistematicamente espropriata del suo vivere quotidiano? Nei prossimi mesi mi accingerò a svolgere una visita alle parrocchie del centro storico di Venezia. Attribuisco grande importanza a questi incontri diretti con i sacerdoti e i fedeli».
L'evoluzione del concetto di famiglia in una società in cambiamento. Venezia è stata coinvolta in questo dibattito...
«Mi ha colpito molto quanto Papa Francesco ha scritto ai cattolici italiani: per i cristiani “la famiglia è ben più che tema, è vita, tessuto quotidiano, cammino di generazioni che si trasmettono la fede insieme con l’amore e i valori morali fondamentali, solidarietà concreta”. E tutto questo è “per il maggior bene comune”. Per questo consideriamo la famiglia una priorità, secondo una concezione che viene non solo dalla fede ma anche da testi sulla cui laicità non si può dubitare, come la Costituzione italiana e la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. La famiglia, così intesa, non riguarda solo le aspirazioni e le esigenze individuali dei membri che la costituiscono; tocca, piuttosto, le aspettative della comunità perché risponde ad un interesse generale ed ha, quindi, una rilevanza unica nei confronti della società e dello Stato. Non è una delle tante possibili "compagnie" e promuovere la famiglia non intende mai andare contro qualcuno o discriminare in alcun modo nessuno».
È possibile ipotizzare la rifondazione di un "patto" partendo dalla dottrina sociale della Chiesa?
«Ogni ambito ha un suo contenuto ben determinato ma il loro appoggiarsi uno all’altro non è casuale poiché, alla fine, si tratta di riconoscere e promuovere la centralità dell’uomo. Nel testo che ho scritto per tali occasioni segnalo la necessità di una nuova “rivoluzione copernicana”: un passaggio fondamentale è che le diverse istituzioni civili e lo Stato riconoscano la priorità della famiglia nei confronti di ogni altra comunità e della stessa realtà statale. La prospettiva familiare è culturalmente e politicamente da valorizzare, anche per un reale riconoscimento della centralità della persona. Il rapporto costruttivo da realizzare tra vita, lavoro e famiglia da una parte e società e Stato dall’altra inizia da qui, dalla famiglia come soggetto dotato di specificità e priorità sociale».
domenica 22 settembre 2013
giovedì 5 settembre 2013
Il valore del digiuno per la pace
Pag 11 Astenersi dal cibo, un modello universale. Distacco dalle cose, quindi dalla violenza di Gian Guido Vecchi
Il cardinale Ravasi: dal Kippur a Gesù al Ramadan, un senso non soltanto religioso
Città del Vaticano - «Guardi, c’è un’immagine suggestiva anche nella Grecia classica. Socrate frequentava l’agorà di Atene, passeggiava per il mercato, ascoltava le chiacchiere in piazza e osservava le merci, i beni materiali. Ai discepoli che gli chiedevano perché lo facesse rispose: “Perché così scopro tutte le cose di cui non ho bisogno”». Il cardinale Gianfranco Ravasi sorride, «non che c’entri direttamente col digiuno, però...», però il senso alla fine è lo stesso, almeno a un primo livello. Non è strano che papa Francesco abbia indetto per sabato una giornata «di digiuno e preghiera» per la pace, invitando ad «unirsi, nel modo che riterranno più opportuno» anche i cristiani non cattolici, i fedeli di altre religioni e pure «quei fratelli e sorelle» che non credono. «Il digiuno, anzitutto, è uno dei grandi archetipi universali. Non si tratta solo di astenersi dal cibo, non è una dieta. Il digiunare esprime un elemento simbolico attraverso la componente fondamentale con la quale comunichiamo, il corpo. Il nostro corpo è il grande segnale attraverso il quale mandiamo messaggi, esprimiamo sentimenti, mostriamo anche capacità di trascendenza e mistero...». Lo stesso Gesù, nel Discorso della montagna, parla con sarcasmo degli «ipocriti» che assumono «un’aria malinconica» e «si sfigurano la faccia» per mostrare che digiunano. «Il digiuno significa entrare nell’essenzialità, spogliandoci di tutte le sovrastrutture. Per questo nella tradizione è spesso accompagnato dal silenzio, da pratiche simboliche esteriori come ritirarsi nel deserto che a sua volta è una metafora del digiuno: le necessità ridotte all’essenziale, alla sopravvivenza». In questo senso ha un valore «squisitamente antropologico e come tale universale». Un primo segno di distacco dalle cose concrete, quindi anche dalla violenza del mondo. «Far cadere le spoglie inutili», soprattutto oggi: «L’ingordigia consumistica che sa di morte, come ne “La grande abbuffata” di Marco Ferreri», considera il «ministro» della Cultura vaticano. Ma questo è solo l’inizio. Il digiuno «apre a dimensioni di tipo religioso o più generalmente spirituale». La prima, «che troviamo anche nel Ramadan islamico», collega il digiuno a una dimensione sociale, alla generosità e alla carità: «Nel libro di Isaia, al capitolo 58, il profeta elenca ciò che il Signore vuole, il digiuno a lui gradito: “Sciogliere le catene inique, togliere i legami dal giogo, rimandare liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, i senza tetto, vestire uno che vedi nudo, non distogliere gli occhi da quelli della tua carne”». Un elemento «che diventerà fondamentale nel cristianesimo, anche se poi la pratica si perderà un po’, fino ad essere considerata autoafflittiva». La seconda dimensione «diverrà fondamentale nell’ascetica cristiana ma già la vediamo nell’immagine di Gesù nel deserto: il digiuno della mente, l’astensione da ogni forma di superficialità, dai rumori, dalle distrazioni. Una catarsi interiore, spirituale, culturale». Di qui si arriva al terzo elemento del digiuno: «È la trascendenza. Dopo aver operato la carità e cancellato le cose inutili e la chiacchiera, sei solo con la tua coscienza. Attraverso l’essenzialità del digiuno si cerca tutto ciò che è divino, mistero, trascendenza. È ciò che dice Gesù: “Non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete...”. Il digiuno dell’anima crea il vuoto: per fare entrare il divino». E per i non credenti? «Si fa spazio alle grandi domande: come essere uomini di pace, di giustizia». Ma il digiuno è rivolto agli uomini o a Dio? «Certo il punto di partenza è antropologico, ha a che fare con la libertà e la coscienza dell’uomo. Ma l’ultima dimensione che dicevo è quella in cui uno incontra Dio e la Sua volontà. Fai il vuoto per lasciare entrare Dio. Qui il digiuno si connette alla preghiera. Nella tradizione biblica c’è un altro elemento importante, che vediamo nel Kippur ebraico ma non solo: l’espiazione del peccato. Il digiuno come modo di implorare la liberazione dal male. Ed è qui che deve intervenire Dio: tu prepari il terreno all’irruzione del divino. Nel non credente, alla tensione verso l’oltre». C’è chi dice: non fermerà la guerra, non è utile. Il grande biblista scuote il capo: «Il digiuno corale di milioni di persone ha un significato anche politico, nel senso alto del termine. Magari i politici decideranno altrimenti, ma non potranno ignorare il desiderio corale di pace che si esprime nel mondo. Per un cristiano, in particolare, si tratta anche di vivere la storia in maniera più autentica, di incidere nella tua coscienza e nell’azione del mondo». In che senso, eminenza? «Nel Vangelo Gesù dice quello è un momento di gioia, ma “verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno”. Il lungo peregrinare nella storia esige questa sobrietà, questa vigilanza. Essere attenti ai segni dei tempi, specie in momenti come questi, nei quali sembra che Dio sia assente e che gli uomini impazziscano. Non una dieta, ma come un colpo di staffile. È il tempo della storia. Il momento della prova».
martedì 3 settembre 2013
Genitore 1 , genitore 2 in comune di Venezia
giovedì 22 agosto 2013
Caro assessore Angela Vettese
domenica 18 agosto 2013
La morte in Canal Grande
sabato 10 agosto 2013
Una sicurezza fuori controllo
I negozi di Rialto : una burocrazia che li ammazza
martedì 23 luglio 2013
Da Gente Veneta del 21 luglio 2013
Battesimi in calo: «Ripensiamo la pastorale»
U

Tratto da GENTE VENETA, n.29/2013
lunedì 22 luglio 2013
La laicità , omelia di Mons Moraglia
martedì 2 luglio 2013
Una grande occasione persa : Palais Lumière
venerdì 21 giugno 2013
Tanto lavoro ancora da fare per la 194
martedì 18 giugno 2013
Sulla legge 194
Il Papa Francesco sulla vita
Messa di Papa Francesco per la giornata dell’«Evangelium vitae»
«Spesso l’uomo non sceglie la vita» perché si lascia guidare «dall’egoismo, dall’interesse, dal profitto, dal potere, dal piacere e non dall’amore, dalla ricerca del bene dell’altro». E questo alimenta l’illusione di poter costruire la città dell’uomo senza Dio. I cristiani invece devono ricordare sempre che «il Signore è il vivente, è misericordioso». Lo ha detto Papa Francesco nell’omelia della messa per la giornata dell’Evangeliumvitae presieduta domenica mattina, 16 giugno, in piazza San Pietro.
Cari fratelli e sorelle, questa celebrazione ha un nome molto bello: il Vangelo della Vita. Con questa Eucaristia, nell’Anno della fede, vogliamo ringraziare il Signore per il dono della vita, in tutte le sue manifestazioni; e nello stesso tempo vogliamo annunciare il Vangelo della Vita. Partendo dalla Parola di Dio che abbiamo ascoltato vorrei proporvi tre semplici spunti di meditazione per la nostra fede: anzitutto, la Bibbia ci rivela il Dio Vivente, il Dio che è Vita e fonte della vita; in secondo luogo, Gesù Cristo dona la vita, e lo Spirito Santo ci mantiene nella vita; terzo, seguire la via di Dio conduce alla vita, mentre seguire gli idoli conduce alla morte. La prima Lettura, tratta dal Secondo Libro di Samuele, ci parla di vita e di morte. Il re Davide vuole nascondere l’adulterio commesso con la moglie di Uria l’Hittita, un soldato del suo esercito, e per fare questo ordina di collocare Uria in prima linea perché sia ucciso in battaglia. La Bibbia ci mostra il dramma umano in tutta la sua realtà, il bene e il male, le passioni, il peccato e le sue conseguenze. Quando l’uomo vuole affermare se stesso, chiudendosi nel proprio egoismo e mettendosi al posto di Dio, finisce per seminare morte. L’adulterio del re Davide ne è un esempio. E l’egoismo porta alla menzogna, con cui si cerca di ingannare se stessi e il prossimo. Ma Dio non si può ingannare, e abbiamo ascoltato come il profeta dice a Davide: tu hai fatto ciò che è male agli occhi di Dio (cfr. 2 Sam 12, 9). Il re viene messo di fronte alle sue opere di morte - davvero quello che ha fatto è un’opera di morte, non di vita! -, comprende e chiede perdono: «Ho peccato contro il Signore!» (v. 13), e il Dio misericordioso che vuole la vita e sempre ci perdona, lo perdona, gli ridona vita; il profeta gli dice: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai». Che immagine abbiamo di Dio? Forse ci appare come un giudice severo, come qualcuno che limita la nostra libertà di vivere. Ma tutta la Scrittura ci ricorda che Dio è il Vivente, colui che dona la vita e che indica la via della vita piena. Penso all’inizio del Libro della Genesi: Dio plasma l’uomo con polvere del suolo, soffia nelle sue narici un alito di vita e l’uomo diviene un essere vivente (cfr. 2, 7). Dio è la fonte della vita; è grazie al suo soffio che l’uomo ha vita ed è il suo soffio che sostiene il cammino della sua esistenza terrena. Penso anche alla vocazione di Mosè, quando il Signore si presenta come il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, come il Dio dei viventi; e inviando Mosè al faraone per liberare il suo popolo rivela il suo nome: “Io sono colui che sono”, il Dio che si rende presente nella storia, che libera dalla schiavitù, dalla morte, e porta vita al popolo perché è il Vivente. Penso anche al dono dei Dieci Comandamenti: una strada che Dio ci indica per un vita veramente libera, per una vita piena; non sono un inno al “no” - non devi fare questo, non devi fare questo, non devi fare questo... No! Sono un inno al “sì” a Dio, all’Amore, alla vita. Cari amici, la nostra vita è piena solo in Dio, perché solo Lui è il Vivente! Il brano del Vangelo di oggi ci fa fare un passo avanti. Gesù incontra una donna peccatrice durante un pranzo in casa di un fariseo, suscitando lo scandalo dei presenti: Gesù si lascia avvicinare da una peccatrice e addirittura le rimette i peccati, dicendo: «Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco» (Lc 7, 47). Gesù è l’incarnazione del Dio Vivente, Colui che porta la vita, di fronte a tante opere di morte, di fronte al peccato, all’egoismo, alla chiusura in se stessi. Gesù accoglie, ama, solleva, incoraggia, perdona e dona nuovamente la forza di camminare, ridona vita. In tutto il Vangelo noi vediamo come Gesù con i gesti e le parole porta la vita di Dio che trasforma. È l’esperienza della donna che unge con profumo i piedi del Signore: si sente compresa, amata, e risponde con un gesto di amore, si lascia toccare dalla misericordia di Dio e ottiene il perdono, inizia una nuova vita. Dio, il Vivente, è misericordioso. Siete d’accordo? Diciamolo insieme: Dio, il Vivente, è misericordioso! Tutti: Dio, il Vivente, è misericordioso. Un’altra volta: Dio, il Vivente, è misericordioso! È stata questa anche l’esperienza dell’apostolo Paolo, come abbiamo ascoltato nella seconda Lettura: «Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2, 20). Qual è questa vita? È la vita stessa di Dio. E chi ci introduce in questa vita? È lo Spirito Santo, dono del Cristo Risorto. È Lui che ci introduce nella vita divina come veri figli di Dio, come figli nel Figlio Unigenito, Gesù Cristo. Siamo aperti noi allo Spirito Santo? Ci lasciamo guidare da Lui? Il cristiano è un uomo spirituale, e questo non significa che sia una persona che vive “nelle nuvole”, fuori della realtà, come se fosse un fantasma. No! Il cristiano è una persona che pensa e agisce nella vita quotidiana secondo Dio, una persona che lascia che la sua vita sia animata, nutrita dallo Spirito Santo perché sia piena, da veri figli. E questo significa realismo e fecondità. Chi si lascia condurre dallo Spirito Santo è realista, sa misurare e valutare la realtà, ed è anche fecondo: la sua vita genera vita attorno a sé. Dio è il Vivente, è il Misericordioso. Gesù ci porta la vita di Dio, lo Spirito Santo ci introduce e ci mantiene nella relazione vitale di veri figli di Dio. Ma spesso - lo sappiamo per esperienza - l’uomo non sceglie la vita, non accoglie il “Vangelo della vita”, ma si lascia guidare da ideologie e logiche che mettono ostacoli alla vita, che non la rispettano, perché sono dettate dall’egoismo, dall’interesse, dal profitto, dal potere, dal piacere e non sono dettate dall’amore, dalla ricerca del bene dell’altro. È la costante illusione di voler costruire la città dell’uomo senza Dio, senza la vita e l’amore di Dio - una nuova Torre di Babele; è il pensare che il rifiuto di Dio, del Messaggio di Cristo, del Vangelo della Vita, porti alla libertà, alla piena realizzazione dell’uomo. Il risultato è che al Dio Vivente vengono sostituiti idoli umani e passeggeri, che offrono l’ebbrezza di un momento di libertà, ma che alla fine sono portatori di nuove schiavitù e di morte. La saggezza del Salmista dice: «I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi» (Sal 19, 9). Ricordiamolo sempre: il Signore è il Vivente, è misericordioso. Il Signore è il Vivente, è misericordioso. Cari fratelli e sorelle, guardiamo a Dio come al Dio della vita, guardiamo alla sua legge, al messaggio del Vangelo come a una via di libertà e di vita. Il Dio Vivente ci fa liberi! Diciamo sì all’amore e no all’egoismo, diciamo sì alla vita e no alla morte, diciamo sì alla libertà e no alla schiavitù dei tanti idoli del nostro tempo; in una parola diciamo sì a Dio, che è amore, vita e libertà, e mai delude (cfr. 1 Gv 4, 8; Gv 11, 25;Gv 8, 32), a Dio che il Vivente e il Misericordioso. Solo la fede nel Dio Vivente ci salva; nel Dio che in Gesù Cristo ci ha donato la sua vita con il dono dello Spirito Santo e fa vivere da veri figli di Dio con la sua misericordia. Questa fede ci rende liberi e felici. Chiediamo a Maria, Madre della Vita, che ci aiuti ad accogliere e testimoniare sempre il “Vangelo della Vita”. Così sia.
domenica 2 giugno 2013
Cosa penso sulla democrazia partecipativa
domenica 5 maggio 2013
A proposito di testamento biologico
Testamento biologico:
un’occasione per un processo partecipato dalla cittadinanza.
1. Chiedere le buone ragioni della necessità e della tempestività di suscitare oggi in sede politica comunale un dibattito sul tema ambiguo e controverso del cosiddetto testamento biologico entra a pieno diritto nella stessa definizione di democrazia partecipativa: all’interno della quale non è dato l’esercizio delle pubbliche udienze che la costituiscono senza preventivamente conoscerne la collocazione motivazionale e i risultati attesi.
Ciò vuol dire: non dare come ineluttabile qualunque processo di democrazia partecipata, qualsiasi tema ne sia l’oggetto – opera pubblica o evento – per il solo fatto che i pubblici poteri l’hanno indetto, ma accreditare ai cittadini fruitori l’antecedente facoltà di capirlo e condividerlo.
2. Dal punto di vista metodologico, apparirebbe altresì determinante, nella fase di discussione preliminare attivata dal Comune di Venezia, un’esplorazione delle cause all’origine della questione nel suo complesso, più verosimili della semplice asserzione – che va per la maggiore – per la quale il tema del testamento biologico (anche nella forma soft di Dichiarazioni Anticipate di Trattamento) si fonda e si alimenta come soluzione filosofico-terapeutica a un dilemma proprio del fine-vita, che vede da un lato il paziente che vuole decidere oggi per il suo domani e dall’altro il medico che se da un lato deve rispondere alla propria coscienza e alla propria confessione scientifica, dall’altro non potrebbe prescindere dalla volontà del paziente in ordine alla conformazione e/o alla cessazione dei trattamenti terapeutici.
3. Il motivo occasionale che muove il Comune a lanciare un dibattito politico sul testamento biologico, hic et nunc, cioè nell’attuale contesto socio-culturale urbano, sfibrato dagli effetti della lunga crisi economico-istituzionale che attanaglia il Paese, e pertanto forse poco disponibile ad ospitare querelles di tipo astratto, potrebbe facilmente ascriversi alla volontà della Giunta veneziana di ripercorrere quelle prassi già sperimentate da altre amministrazioni comunali (come Torino, Firenze, Pisa, Genova, Bologna, Perugia, Udine) consistenti nell’inaugurare la raccolta auto-organizzata di testamenti biologici, che pur non potendo vantare una diretta efficacia giuridica, rappresentano, in assenza di una specifica disciplina normativa, atti unilaterali volti ad indirizzare la pubblica opinione
4. Prima di tentare un’esplorazione all’interno dell’universo delle probabili cause concrete e attuali che armano in modo più credibile la questione testamento biologico appare necessario un’ulteriore notazione di metodo.
Mai come in questo caso i destinatari dell’informazione nell’ambito dei processi di democrazia partecipativa divergono dai soggetti interessati: non sono infatti, in via paradossale, i malati terminali che dibattono e decidono in ordine alla conformazione e/o alla cessazione dei propri trattamenti terapeutici, ma sono solo soggetti sani che, prefigurandosi solo narrativamente in una condizione futura di malattia terminale (nella quale fortemente sperano di non cadere mai) decidono sulle modalità di prestabilire i fine-vita altrui: in tal senso la stessa validità ed efficacia dei dibattiti appare diminuita.
5. Sotto le valenze filosofiche ed ideologiche che formalmente esauriscono l’armatura del tema laico del testamento biologico, è possibile intravedere, anche alla luce di esperienze di paesi esteri, altre ragioni che a detta di alcuni rendono quanto mai necessaria una regolazione legislativa che sancisca la validità erga omnes di scelte individuali sul proprio fine-vita, auspicabilmente orientate e sapientemente indotte verso la soluzione eutanasica; tra le quali:
necessità di razionalizzazione e omologazione dei fine-vita, anche dal punto di vista economico-sociale: cioè non spendere più cifre esorbitanti per tenere in vita malati che hanno superato una certa età e sono comunque destinati a morire nel medio termine. E’ la soluzione a deriva eutanasica praticata in Olanda e in altri Stati del Nord Europa;
contingenze puramente economiche, come avviene attualmente in Grecia dove, per la crisi, si tende all’eliminazione dei trattamenti chemioterapici, in quanto quello Stato, suo malgrado, non riesce a pagare gli altissimi prezzi degli antiblastici alle società farmaceutiche estere;
forti interessi di trascinamento all’interno dello strumento testamento biologico redatto in forma giuridicamente cogente, anche della materia dell’anticipata destinazione degli organi, con i fasci di interessi economici connessi;
forti spinte a liberare dalla solitudine delle decisioni, e dai rischi assicurativi e penali, i medici e gli operatori sanitari che assistono ai fine-vita.
non da ultimo, l’interesse di attaccare la Chiesa Cattolica da laicisti convinti assertori dell’eutanasia o del suicidio assistito che mascherano sotto le categorie della dignità e/o della libertà in morte, suscitando divisioni e diversità di opinioni all’interno della Chiesa – e della coscienza dei cattolici –, secondo quel metodo assai efficace che consiste nel denunciarne la lentezza di mettersi in linea con i tempi, e gli imbarazzi di sostenere concetti come morte naturale, di ascendenza medievale, dichiarati ormai improponibili alla luce delle più recenti scoperte scientifiche. Corre il rischio che nell’entrare nell’argomento testamento biologico, usando i linguaggi e i paradigmi delle scienze, per mostrarsi all’altezza, esponenti della Chiesa Cattolica possano attestarsi su verità parziali, scivolando nella spirale degli interrogativi senza risposta, degli enunciati senza dimostrazione e delle aporie che ancora variamente animano la questione testamento biologico, in contraddizione con le disposizioni del Catechismo.
Alla luce di quanto esposto auspichiamo che l’iniziativa del Comune di Venezia si esprima attraverso il coinvolgimento della cittadinanza, attivando un dibattito politico plurale: sarà la qualità del dibattito e il tasso di interesse che la cittadinanza vorrà dimostrare a dare valore e sostanza all’iniziativa del Comune.
Si auspica quindi che un tale dibattito sia partecipato, veda contributi da parte di giuristi, medici, bioetici, associazioni di volontariato che assistono i malati terminali per riuscire a cogliere la dimensione antropologica e sociale della questione, evitando di vederne solo la dimensione individuale. Così come si auspica che il dibattito possa sottrarsi per quanto possibile a trattazioni ideologiche.
Piero Selle – Anna Brondino – Roberto Pace
Venezia, 21 marzo 2013
mercoledì 24 aprile 2013
A proposito di scuole materne a Venezia
Da troppo tempo la conciliazione dei tempi e della qualità di vita delle donne e quindi delle giovani famiglie di questa città sono sottovalutate in cambio di una cultura turistica imperante ed espulsiva nei confronti di tutti i Veneziani.
Il turismo è sicuramente una grandissima risorsa per il nostro territorio , ma deve permettere, attraverso una fiscalità equa ed una giusta redistribuzione delle risorse , a tutti gli abitanti una qualità di vita alta e sostenibile.
Il nostro comune ha veramente moltissime risorse, che però vengono disperse in mille rivoli clientelari che ostano veramente al criterio del buon padre di famiglia che quando la coperta si fa corta ottimizza e focalizza seriamente i centri di spesa.
È per questo che non riusciamo a capire come in questa città non si siano azzerate le liste d'attesa nelle scuole materne e negli asili nido , che in questo tempo di crisi dovrebbero essere un servizio fondamentale per le famiglie
I posti ci sono , perché non pensare di riformulare il criterio di pagamento delle rette in base ai modelli Isee. Chi ha di più paghi di più fino ad un massimo da decidere e permetta a chi ha di meno di poter frequentare la scuola lo stesso . Il criterio della proporzionalità dei costi dei servizi è sancito dalla nostra costituzione .Quindi ci pare importantissimo che questa amministrazione comunale si muova per garantire questo sevizio a tutte le famiglie veneziane. Le donne di questo territorio, che sulle spalle si trovano l'educazione delle giovani generazioni e la cura degli anziani , devono sapere che almeno per i figli c'è qualcuno di serio e competente che in un ambiente di qualità si occupa di loro mente lavorano .
Questi 70 bambini esclusi devono trovare, attraverso anche sinergie con altre istituzioni siano pubbliche o private , il posto dove essere educati e curati.l'amministrazione promuova azioni atte a favorire ciò con impegno massimo di energia e di risorse.
Anna Brondino
Manuel Tiffi