In
un momento storico in cui la crisi del comparto edilizio nella sola
Venezia insulare interessa circa 700 piccole e medie aziende del
comparto casa, coinvolgendo quindi quasi 2000 addetti, manifestandosi
con una riduzione dei fatturati media che si attesta tra il 15 e 20%
con un raddoppio delle sofferenze, ogni nuovo cantiere che sorgerà
nella nostra città sarà senza dubbio una preziosa risorsa.
Venezia,
vetrina internazionale, è potenzialmente capace di attirare
investitori da qualsiasi luogo per l’ovvio ritorno di immagine
garantito; è anche vero però che qualsiasi investimento richiede
tempi e norme certe.
Quindi
burocrazia, norma contraddittorie, enti con regolamenti tra loro
contrastanti e un certo intellettualismo sospettoso e sterile, non
aiutano certo lo sviluppo di opportunità che potrebbero
ridistribuire equamente ricchezza in tutto il territorio generando
posti di lavoro, recuperando spazi abbandonati a se stessi e
germinando semi di cultura sociale.
Il
Fontego da questo punto di vista potrebbe essere paradigmatico; si
tratta infatti di una delle ultime opportunità che la nostra città
deve sfruttare al meglio sia dal punto di vista economico, ma anche
etico e sociale. Errori senza dubbio ne sono stati commessi da ambo
le parti: una maggiore partecipata progettazione con la città
avrebbe forse garantito una condivisione, invece di creare fratture e
avrebbe potuto dar luogo a sinergie produttive positive per molte
realtà della città. Per un altro verso un amministrazione
maggiormente coesa e sensibile alle necessità del territorio
avrebbe, supportata da associazioni e comitati mossi da concrete
motivazioni e non ideologizzate, potuto dare un servizio ed
un’immagine degne di una pubblica dirigenza in grado di saper ben
gestire ed attrarre le risorse e le energie di cui questa città ha
estremamente bisogno.
Quattrocento
posti di lavoro e tutto l’indotto che questo investimento sarà
capace di attrarre non sono certo trascurabili per la futura economia
di Venezia, insomma un contenitore che salvaguardi non solo l’aspetto
commerciale dell’investimento, ma che consenta attività culturali
e sociali al momento nel centro storico non esiste.
Una
realtà che probabilmente ridistribuirà nel territorio i flussi
turistici, che al momento gravitano per lo più solo nella area
marciana, consentendo di rivitalizzare al contempo una zona
caratterizzata da uffici.
Forse,
dopo il voto del Consiglio Comunale, un approccio meno ideologizzato
da parte di tutti potrà far tesoro di questo martoriato processo
decisionale consentendo di attirare in un prossimo futuro nuovi
investitori che possano mettere al centro dei loro progetti il nostro
territorio e le necessità sociali e culturali delle persone che lo
abitano .
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