martedì 6 novembre 2012
Il metodo dell’ostracismo di Francesco Merlo
Come sempre chi ha idee confuse ha paura delle idee.
E dunque Grillo e i suoi pasdaran, per paura delle idee di Federica Salsi, hanno
deciso di punirla e l'hanno isolata anche fisicamente, come fanno i talebani
con le donne che hanno rotto il patto d'onore. Mancava solo che le tirassero le
pietre. E infatti, quando nel consiglio comunale di Bologna lo spettacolo è
diventato grottesco, la Salsi si è sentita - ha detto - "lapidata in
pubblico". E le pareva - ha aggiunto - di essere "dentro Scientology" perché questo cieco fanatismo grillino
sarà pure comicità che si fa tragedia, ma chissà quanti vaffanculo
stanno diventando concreti e duri sulla pelle di una donna viva e sensibile. E
infatti le è sembrato di subire - ha scandito - "una violenza" quando
il suo compagno e collega Massimo Bugani si è alzato
e l'ha lasciata sola pronunziando frasi sconnesse ma tonitruanti
come questa: "Io credo che per me parli la mia storia" (la geografia
è afasica?). Come si vede, il linguaggio è ridicolo ma anche allarmante.
Ascoltiamo ancora questo goffo Carneade che, confortato da Momsen
e da Polibio, si appella "alla mia vita e al mio
impegno su questi temi all'interno del consiglio comunale". Ecco:
"Questi temi" erano la partecipazione a Ballarò
della lapidanda e disonorata Federica e non i rumori
di guerra atomica tra Iran e Israele. E però dietro la nostra facile risata c'è
la preoccupazione per il vuoto delirio che la Storia ci ha fatto ben conoscere
nella sua versione grandiosa e che adesso Grillo ci ripropone in chiave buffa e
mostruosa ma pur sempre violenta, tragicomica appunto. Pensate che Bugani si è fatto fotografare mentre fa il gesto di vittoria
come Churchill con alle spalle l'emblema del Movimento 5 stelle e addosso una
t-shirt con su scritto: "Io siamo Massimo Bugani".
Certo, questo invasamento somiglia più a quello di Sandro Bondi per Berlusconi
che alla mistica dei comunisti per Stalin, ma la banalità dello squilibrio è la
stessa. Grillo - ha raccontato ieri il quotidiano Pubblico - ha compilato una
lista di cronisti da evitare, di giornali a cui non concedere interviste, di
programmi televisivi da boicottare. Macchiettisco
dunque. E tuttavia violento. E non verso i giornali (chi se ne importa) ma
verso i militanti che se disobbediscono e vanno a Ballarò
vengono appunto lapidati come Federica Salsi. E sono i tipici sintomi di quelle
febbri da teste calde. Pensate che il nostro Carneade produce video inchieste
per il movimento, il gruppo virtuale dei grillini,
firmate con il soprannome di un pirata, "Nick il nero", proprio come
un tempo i ragazzi di Farinacci adottavano nomignoli salgariani:
"La disperata" era la squadra, e il capomanipolo
era "Yanez". Di sicuro Federica Salsi non è
Rosa Luxemburg ma una di quelle donne che è bello
incontrare e frequentare solo per scambiare battute sull'attualità o sulla moda
o sui figli. E difatti pensava di poter dire la sua su quel piccolo mondo che è
la politica italiana senza chiedere il permesso a Grillo o a Casaleggio o ai consiglieri comunali di Bologna - l'altro scientologo si chiama Marco Piazza - che l'hanno
maltrattata. E ascoltate ancora come diventava accorato Bugani,
un po' Atlante e un po' Giobbe, con il peso e le ferite del mondo addosso:
"Ci sono momenti davvero dolorosissimi nella vita (e i fazzoletti
grondavano pianto, ndr) in cui si deve osservare il mondo da un diverso punto
di vista pagandone anche le conseguenze. Questo per è me uno di quei
momenti". Stephen Zweig, che li chiamò Momenti
Fatali, ne aveva contati 14: quattordici vite che riassumono il mondo. Bugani è il quindicesimo Momento Fatale. E forse il
sedicesimo è Antonio Di Pietro mentre caccia Massimo Donadi,
un altro reietto, reo di dissenso. Di Pietro, che nella sua lunga storia non ha
mai nascosto la mano mentre lanciava le pietre, sta finendo in una
filodrammatica dove ci sono tutte le parti in commedia, buffonesche e tragiche.
E ora i suoi intellettuali organici fanno esercizi di filologia catastale, come
neppure Bocchino ai tempi di Tulliani, precisando che le case sono 11 e non 56.
E la loro contabilità al dettaglio distingue appartamenti e particelle,
donazioni e "elargizioni modali", affitti e speculazioni, senza
pensare che - come diceva Totò - "non è la somma che fa il totale",
perché è il dettaglio che offende, è il dettaglio che si fa trave nell'occhio
del moralista, nel cuore della confraternita. Comunque Di Pietro, che campa di
televisione, non potrà mai entrare nella Scientology
di Grillo. Ce lo spiega di nuovo il devotissimo Carneade Bugani,
citando Pasolini: "Non c'è niente di più feroce della banalissima
televisione". Così il grillismo da mediocrità
dispettosa sta mutandosi in populismo velenoso. L'originaria comicità è
diventata ferocia contro il dissenso. Scriveva Rimbaud: "... avverto la
ferocia del sorriso idiota".
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