venerdì 30 novembre 2012

A proposito di maree

Sta Mattina ore 6.30 suonano le sirene per allertarci ad una marea di 130 cm sul medio mare , dopo un' oretta arriva una mail dicendo che a causa del vento cambiato la marea salirà fino a 105 cm , ma ieri sera la previsione era di 110 cm .
Allora mi chiedo , visto anche tutti i discorsi sull'Open data che si stanno facendo in questi giorni e visto che l'ing Canestrelli ha detto che l'algoritmo per le previsioni è vecchio, perchè non mettere on line tutti i dati statistici sulla marea e lanciare un appello perchè qualche cervellone faccia gratuitatamente un algoritmo nuovo?
Non avevano fatto inoltre degli accordi con la Croazia per avere dei dati più precisi per elaborare le previsioni ?
E tanto per finire com'è che la nostra amministrazione non è riuscita a strappare una convenzione conveniente con l'operatore telefonico deputato per gli sms di allertamento e li paga ancora 8 centesimi?E' stato fatto un bando per questo servizio ? Se siamo in clima di risparmio , potremmo anche cominciare da queste piccole cose no?
Anna Brondino

mercoledì 28 novembre 2012

Valori etici e sociali, la bussola in politica di Lorenzo Rosoli La diocesi di Milano ricorda i “principi irrinunciabili” in vista delle elezioni. Chi si candida si dimetta dagli incarichi ecclesiali

Cattolici e politica. La bussola? I «principi irrinunciabili» del magistero ecclesiale sui temi etici e sociali. Lo stile? Il rigore morale, l’attenzione alla gente, lo spirito di servizio, la professionalità. La capacità «non solo di rifiutare ogni forma di corruzione ma anche di anteporre il bene comune ai propri anche legittimi interessi di parte». Queste – si legge in una nota del Consiglio episcopale della diocesi di Milano – siano le coordinate di quanti, «a maggior ragione i cattolici», si candidano a servire la Lombardia e il Paese, consapevoli della posta in gioco: «In un momento in cui il perdurare della crisi economica sta generando paure e insicurezze che rendono più fragile il legame tra i cittadini, occorre che la politica sappia elaborare risposte all’altezza della situazione, capaci non soltanto di farci uscire dal periodo di difficoltà, ma di migliorarci. Un clima di fiducia – prosegue la nota, diffusa ieri – sarà realizzabile se insieme si lavorerà per salvaguardare dall’erosione dell’individualismo le questioni etiche rilevanti, promuovendo i valori ispirati alla retta ragione e al Vangelo». Con questa nota il Consiglio episcopale diocesano – l’organismo che raccoglie i più stretti collaboratori del cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola – «offre alcune indicazioni per vivere con responsabilità» questo tempo, «all’avvio di una lunga campagna elettorale che culminerà con le elezioni del Consiglio regionale lombardo e del Parlamento della Repubblica italiana». Nessuna ingerenza della gerarchia cattolica, nessuna lesa laicità: «La Chiesa – spiega la nota attingendo all’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI – non pretende minimamente d’intromettersi nella politica degli Stati. Ha però una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione». E questo tempo chiama le comunità cristiane ad una «necessaria e urgente opera educativa» perché tutti siano sollecitati alla «partecipazione attiva e responsabile a questi appuntamenti elettorali». La sfida: contrastare la tentazione crescente del di­simpegno e del disinteresse sui temi del bene comune. «A nessuno deve sfuggire l’importanza dell’esercizio del diritto-dovere del voto responsabilmente espresso». Perciò si auspica che «il confronto tra le parti sia sereno e leale» e «si svolga su programmi ben articolati». Ma serve anche «l’impegno attivo di un numero sempre maggiore di laici cristiani nell’attività amministrativa e politica». Non sarà l’antipolitica a guarire il Paese dalla cattiva politica. Ma per la buona politica serve una bussola affidabile. «I cattolici – prosegue la nota – faranno riferimento ai principi irrinunciabili dell’insegnamento del Magistero della Chiesa sulla famiglia, aperta alla vita, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, sul rispetto per la vita dal suo concepimento al termine naturale, sulla libertà religiosa, sul diritto alla libertà di educazione dei genitori per i propri figli, sulla tutela sociale dei minori e delle vittime delle moderne forme di schiavitù, sullo sviluppo di un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune, sulla giustizia sociale, sul ruolo da riconoscere ai principi di solidarietà e di sussidiarietà, sulla pace come valore supremo a cui tendere». Su questi punti si cerchi di costruire «un consenso il più possibile condiviso e diffuso». Tutti i candidati, «a maggior ragione i cattolici», si impegnino a «ridare fiducia al Paese e ai suoi abitanti, presentando programmi e proposte realmente tese a costruire il bene comune: non prevalga la tentazione del disfattismo». E siano «esemplari» per rigore morale, disinteresse, competenza: solo così sarà possibile rafforzare la «credibilità» della politica.

Si avvicinano le elezioni. E l’«opera educativa delle comunità cristiane» sui temi del bene comune e in vista di una «partecipazione attiva responsabile» è sempre più «necessaria e urgente». Ma vanno evitate in ogni modo «strumentalizzazioni». Perciò la nota del Consiglio episcopale milanese, diffusa ieri, ricorda «le disposizioni diocesane» in base a cui parrocchie, scuole cattoliche, associazioni e movimenti non devono mettere sedi e strutture a disposizione delle iniziative di singoli partiti o formazioni politiche. «Si vigili – prosegue la nota – per evitare che le attività pastorali vengano strumentalizzate a fini elettorali». Chi appartiene a organismi ecclesiali, «a maggior ragione» chi occupa cariche di rilievo, se intende candidarsi, si consideri sospeso da quegli organismi; se eletto, lascerà l’incarico. Chi ha incarichi negli organismi e nelle istituzioni ecclesiali, si astenga «rigorosamente» da ogni coinvolgimento elettorale. E lo stesso facciano sacerdoti, diaconi e consacrati.

La navigazione della fede di Gianfranco Ravasi

Il tema della fede si può ignorare ma non evitare. Spesso, infatti, incrocia la strada persino di quelli che stanno andando altrove. San Paolo, che pure di questo era ben consapevole, si stupiva ancora leggendo e citando Isaia mentre scriveva ai Romani: «Isaia arriva fino a dire: Sono stato trovato anche da quelli che non mi cercavano, mi sono manifestato anche a quelli che non mi invocavano» (10, 20). In piena rivoluzione sovietica, nel 1918, Aleksandr Blok componeva il poema I dodici e nel diario era costretto ad annotare: «Quando l’ebbi finito, mi meravigliai io stesso: perché mai Cristo? Davvero Cristo? Ma più il mio esame era attento, più distintamente vedevo Cristo. Purtroppo Cristo. Purtroppo proprio Cristo!». In questo Anno della fede vorremmo tentare - attraverso una serie di articoli, simili a vere e proprie puntate tematiche - qualche sondaggio molto libero e non sistematico nell’orizzonte dell’incredulità che, però, si incontra o si scontra con la fede, reagendo nelle forme più diverse. All’amico Janouch, che lo interrogava su Cristo, Kafka rispondeva: «È un abisso di luce, bisogna chiudere gli occhi per non precipitarvi». Lo scrittore franco-rumeno Emile Cioran, che si dichiarava di «professione atea», confessava di continuare a spiare Dio e, disarmato, annotava: «Quando voi ascoltate Bach, vedete nascere Dio. Dopo un oratorio, una cantata o una Passione, Dio deve esistere. Pensare che tanti teologi e filosofi hanno sprecato notti e giorni a cercare prove sull’esistenza di Dio, dimenticando la sola!». L’esperienza di Paolo ci fa comprendere che la fede non è solo una questione dell’uomo ma anche di Dio. È lui che si mette sulle vie dell’umanità e si para innanzi alla sua creatura: sta alla persona, con la sua libertà, fermarsi o scansarlo o ignorarlo. Emblematica è la scena folgorante dell’Apocalisse (3, 20) ove Cristo sta alla porta e bussa. Se non passasse, noi resteremmo chiusi nella stanza della nostra storia e della nostra razionalità. Egli, però, interviene e tutta la storia della salvezza è proprio questo, cioè il passaggio del «Dio di carne che non sta cacciato in alto, incagliato tra le stelle», come scriveva il poeta russo Majakovskij nella sua raccolta lirica 150.000.000. Tuttavia è indispensabile in quella scenetta dell’Apocalisse, un’altra componente: l’apertura della porta, ossia l’atto libero dell’uomo. Grazia e fede sono un binomio inscindibile, perché noi non siamo stelle o pietre o semplici bestie istintuali; in noi pulsa la libertà, la volontà, la scelta. Solo dopo questo incontro tra noi e Lui, scatta l’intimità della comunione: «io cenerò con Lui ed egli con me». Jean Cocteau nel suo Diario di uno sconosciuto curiosamente invertiva uno schema naturale: «Prima trovare, poi cercare». Questa è, appunto, la logica della fede, che assegna il primato alla grazia (“trovare”), ma ribadisce la necessità della libertà (“cercare”). Per questo, Bultmann aveva intitolato la sua raccolta di saggi Credere e comprendere perché la fede non è frutto di un itinerario meramente razionale, di un sillogismo stringente, di una dimostrazione matematica. È il Credo ut intelligam, il credere per capire di Agostino, seguito da Pascal secondo il quale «le cose umane bisogna capirle per amarle; le cose divine bisogna amarle per capirle». Nelle Lettere di Nicodemo lo scrittore polacco Jan Dobraczyński osservava: «Vi sono misteri nei quali bisogna avere il coraggio di gettarsi per toccare il fondo, come ci gettiamo nell’acqua, certi che essa si aprirà sotto di noi. Non ti è mai parso che vi siano delle cose alle quali bisogna prima credere per poterle capire?». L’immagine del mare in cui gettarsi - che Robert Musil nel suo Uomo senza qualità aveva adottato per parlare della verità (un mare in cui procedere in ricerca) - è una delle simbologie più frequenti applicate al percorso di fede, a partire da sant’Agostino con l’idea delle diverse navigazioni necessarie alla conoscenza umana, razionale e teologica. Uno dei più significativi filosofi del Novecento, Ludwig Wittgenstein, definiva la religione come «il fondale marino più profondo e calmo, che rimane tranquillo per quanto alte siano le onde in superficie». Già il grande scrittore mistico cinquecentesco spagnolo Frey Luis de León riconosceva che «in Dio si scoprono nuovi mari quanto più si naviga». Se è lecita una testimonianza personale, dirò che, avendo approntato in questo mese una mappa essenziale della fede cristiana, l’editore “laico” non ha avuto esitazione nell’assegnarmi il titolo Guida ai naviganti, anche perché io stesso nel tracciare narrativamente l’itinerario del credere ricorrevo proprio a questa metafora. Un aforisma orientale, però, va oltre mettendo in scena due uomini che s’addentrano «nel grande mare della religione: uno ne uscì vivificato e trasformato, l’altro vi annegò». Aveva ragione, pur nel suo scetticismo, il filosofo settecentesco inglese David Hume quando dichiarava che «gli errori della filosofia sono sempre ridicoli, quelli della religione sono sempre pericolosi». Il fondamentalismo radicale lo insegna. Eppure la nostalgia dell’infinito è attaccata al cuore dell’uomo e la necessità di immergersi e di navigare è insita all’anima e alla mente che cerca di trascendere gli orizzonti limitati. Aveva, perciò, ragione anche un altro autore tendenzialmente scettico come Anatole France quando scriveva che «per compiere grandi passi, non dobbiamo solo agire ma anche sognare, non basta pianificare, bisogna anche credere». In questo infinito, che ci accoglie nel suo grembo, respira il mistero di Dio al punto tale che un maestro indiano al discepolo che gli chiedeva di aiutarlo a trovare Dio replicava che nessuno lo poteva guidare «per la stessa ragione per cui nessuno può aiutare un pesce a trovare l’oceano». Certo è che non tutti si azzardano in questa navigazione, né sono consapevoli delle onde dell’oceano che pure battono sulla loro pelle, preoccupati come sono di tutelare i confini della loro isola creaturale, finita e chiusa in se stessa (per usare un’altra immagine del filosofo Wittgenstein nel suo Tractatus logico-philosophicus). È questa la vera incredulità, cioè l’indifferenza rispetto a ogni altro quesito che riguardi l’Oltre e l’Altro trascendenti. Sartre nella sua opera Parole descrive la sua adolescenza con un padre protestante, che muore quando egli ha due anni, mentre la madre cattolica ripara dai nonni indifferenti. Alla fine confessa di essere stato condotto all’incredulità «non dai conflitti dei dogmi, bensì dall’indifferenza dei miei nonni». Anche la sua compagna, Simone de Beauvoir, rievoca la sua giovinezza nelle Memorie di una ragazza perbene con una madre devota e un padre indifferente. Alla fine la scelta è chiara: «Dio proibiva una quantità di cose ma non esigeva niente di positivo, all’infuori di qualche preghiera e di qualche pratica che non modificavano la vita». Simone abbandona, così, la via religiosa, deformata da questa concezione così minimalista e piccolo-borghese, espellendola dal suo orizzonte intellettuale ed esistenziale. L’indifferentismo religioso è tendenzialmente il nome nuovo e più pericoloso dell’ateismo nella società secolarizzata contemporanea. Esso era già delineato da Cecilia, la protagonista della Noia di Alberto Moravia: «La religione è noiosa, al convento ho sempre avuto impressione che le monache s’annoiassero come si annoiano i preti e in genere tutti quelli che si occupano di religione. Guardate mentre stanno in chiesa, vedrai che non ce n’è nessuno che non s’annoi da morire». Dio non è combattuto ma ignorato; non è oggetto di contestazione ma è considerato un tema insignificante, fastidioso e noioso. Spesso alla base c’è l’equivoco che identifica tout court religiosità generica e fede autentica. La pratica religiosa, infatti, di non pochi cristiani si rivela segnata da ipocrisia, da compromessi morali, da un’adesione passiva alle tradizioni, da un perbenismo etico, da interessi politici e così via. Ma questa, come insegna Cristo, è piuttosto una malattia della religione. Eppure, unita al consumismo, alla superficialità imperante, alla caduta della morale, questa patologia genera in molti l’estinzione dell’interrogazione spirituale. Augusto Del Noce, in un suo intervento al primo Meeting di Rimini poco prima della morte avvenuta nel 1989, sottolineava che «un nuovo avversario del cristianesimo è cresciuto negli ultimi decenni: la forma di religione propria della società opulenta e consumistica. È un avversario più potente e pericoloso del comunismo ateo». In questo orizzonte secolarizzato e spiritualmente grigio, vale la sarcastica considerazione del poeta e cantautore Jacques Prévert: «Dio, sorprendendo Adamo ed Eva, disse loro: Continuate, ve ne prego; non disturbatevi per me. Fate come se io non esistessi!». Il suo nuovo “Padre nostro” è, allora, questo: «Padre nostro che sei nei cieli, restaci!». Ecco, allora, un interrogativo di base: nell’attuale cultura “debole” e “liquida” gli interrogativi forti e solidi della teologia hanno ancora la possibilità di risuonare? È la domanda che lo stesso cardinale Joseph Ratzinger poneva sul tappeto nell’ormai famoso dialogo con Habermas: «L’eliminazione graduale della religione, il suo superamento dev’essere considerato come un progresso necessario dell’umanità, affinché essa giunga sulla strada della libertà e della tolleranza universale?». L’impressione realistica - al di là delle molteplici analisi condotte (si pensi a quella imponente offerta dal saggio L’età secolare di Charles Taylor) - è che il “disincanto” e la “de-divinizzazione” (Entgötterung) operata dall’indifferenza religiosa tipica della secolarizzazione abbiano creato non tanto un progresso liberatorio quanto piuttosto un inaridimento morale ed esistenziale e uno svuotamento di senso. La pur nobile fiducia nella tecnoscienza riesce a evadere solo le domande sulla “scena” dell’essere e dell’esistere, non sul loro “fondamento” e significato. Alla fine lo statuto di inerzia religiosa, che abbiamo abbozzato e che pone problemi seri e complessi all’evangelizzazione, alla pastorale e alla stessa cultura ecclesiale, può essere illustrato con la suggestiva ripresa dell’episodio evangelico di Zaccheo operata da Montale nella poesia intitolata appunto Come Zaccheo: «Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro / per vedere il Signore se mai passi. / Ahimé, non sono un rampicante ed anche / stando in punta di piedi non l’ho visto». Fermiamoci per ora qui nel nostro viaggio dedicato al confronto spesso dialettico tra fede e cultura. Altre tappe sono possibili: ne selezioneremo in futuro alcune, nella consapevolezza che non sarà facile percorrere tutti i sentieri e i meandri del credere, memori delle battute del Faust di Goethe: «Chi oserà dire: Io credo in Dio? / Puoi domandare a preti o a saggi / e la risposta sembrerà prendere in giro / chi ha fatto la domanda (I, 3426-30)».

sabato 24 novembre 2012

Giornata contro la violenza sulle donne

Domani è la giornata contro la violenza sulle donne , ci dobbiamo fermare a riflettere come mai nonostante tutte le campagne fatte dalle istituzioni ci siano ancora molte donne che subiscono maltrattamenti psicologici e fisici e che soffrano in silenzio.
Una legge antistalking è stata approvata , ma forse il percorso di denuncia è ancora troppo difficile e il coraggio e la forza d'animo a volte non sono sufficienti.
Il problema non è solo “fisico” , ma anche ed essenzialmente culturale. Per vedere un po' di luce infondo al tunnel dobbiamo fare un grossissimo lavoro di educazione nelle nuove generazioni e di riconversione alla dignità di tutte le persone negli adulti .
Mille sono le sottili discriminazioni che le donne vivono quotidianamente , sto pensando all'assenza di parcheggi rosa ,e di casse per le donne incinte , alle dimissioni in bianco che ancora oggi molte donne sono costrette a firmare , ai licenziamenti delle fabbriche in crisi ( le prime sono le donne) , al partime e al telelavoro che molte volte non vengono concessi …
Quindi , fermo restando che la violenza su un essere umano va condannata comunque , mi sento di dire alle donne che sono im molti casi deputate all'educazione dei figli, cominciamo dalle piccole cose di tutti i giorni ad educare i maschi fin da piccoli alle pari opportunità
.E' un'occasione straordinaria di trasmissione di un sapere che renderà veramente migliore la nostra soscietà

martedì 20 novembre 2012

Attenzione da una Cei che aspetta di capire meglio di Massimo Franco

La benedizione non c'è: non ancora, almeno. E non è detto che arrivi, e neppure che sia attesa. La Chiesa cattolica vuole capire bene che cosa sia spuntato nell'area moderata durante il fine settimana; quanto sia in linea con i convegni di Todi promossi nell'ultimo anno; e se l'iniziativa che ha come capifila il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, e il ministro della Cooperazione, Andrea Riccardi, moltiplicherà davvero la partecipazione in nome di un progetto di governo. Si sa che la Cei nell'ultima fase ha sostenuto il premier; e che i rapporti personali fra Benedetto XVI e Monti sono ottimi. Ma sul piano politico, il ruolo della Chiesa rimane segnato dalle convulsioni della Seconda Repubblica. Questo spiega l'attenzione e insieme la cautela nei confronti di quanto si sta muovendo. L'episcopato appare diviso fra chi in prospettiva punta ancora sul centrodestra; e chi, pur volendo la nascita di un altro «centro», teme sia privo di forza elettorale e subalterno alla sinistra. Alcune voci accreditano una velata freddezza dei vertici della Cei, che avrebbero voluto un riferimento esplicito alla difesa dei «valori non negoziabili» (no all'aborto, all'eutanasia, ai matrimoni fra omosessuali): sebbene non risulti, si fa notare, una richiesta in tal senso. Ma forse il vero spartiacque è, in Italia come in altri Paesi occidentali, fra chi ritiene che l'appartenenza religiosa vada rivendicata e affermata anche sul piano politico; e chi ritiene invece che questo approccio condanni la Chiesa e i suoi seguaci a una condizione di minoranza; al rischio di essere strumentalizzata da chi brandisce i suoi valori, e di vedere prevalere i suoi avversari ideologici. Insomma, è in atto un confronto aspro sul modo di declinare la presenza dei cattolici in politica: un dilemma drammatizzato dalle divisioni profonde, spesso irriconciliabili fra le sue componenti. Così, nonostante Monti sia apprezzato in Vaticano e tempo fa abbia incontrato anche il capo dei vescovi italiani, cardinale Angelo Bagnasco, eventuali punti di contatto non riguardano le strategie e le alleanze politiche ma il ruolo del governo: sul piano interno e internazionale. Fra l'altro, il presidente del Consiglio ha sempre tenuto a separare il suo ruolo istituzionale dalle sue convinzioni religiose: pur essendo notoriamente un cattolico convinto. Fra i promotori del movimento nato sabato scorso, la parola d'ordine di fatto è un trasversalismo che può suonare ambiguo ma è anche considerato un elemento di novità; e un modo per aiutare Monti. D'altronde, il progetto è quello di creare un'area moderata che appoggi Palazzo Chigi e spinga per la conferma del premier. Ma la spinta iniziale è stata quella di combattere il fenomeno dell'astensionismo, arrivato a percentuali inquietanti; e di contrastare la tentazione di una sorta di «grillismo bianco» antigovernativo e antipolitico da parte di spezzoni del mondo cattolico. Si tratta di un processo appena agli inizi. Tende a fare emergere le contraddizioni di un mondo sospeso per anni, anche suo malgrado, nell'orbita berlusconiana. Inutile forzare le tappe: occorrerà tempo per trovare un baricentro e interlocutori diversi.

Il manifesto del nuovo centro e i distinguo del mondo cattolico di Paolo Conti

- La convention di «Verso la Terza Repubblica» ha aperto un immediato confronto tra le diverse realtà cattoliche che guardano con forte interesse all'iniziativa. Sul palco, con Luca Cordero di Montezemolo, c'erano per esempio Andrea Riccardi, ministro del governo Monti ma soprattutto fondatore della Comunità di Sant'Egidio, e Andrea Olivero, presidente delle Acli. E sono già cominciati i distinguo. Primo tra tutti, e forse il più significativo, quello di Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano dei lavoratori, ovvero Mcl. Dopo le dimissioni di Natale Forlani è anche il portavoce pro tempore di Todi 2, il nuovo Forum delle associazioni cattoliche italiane. La posta in gioco: i «valori non negoziabili» (la difesa della vita, della famiglia fondata sul matrimonio, solo per fare un sintetico esempio) e le questioni sociali che spingono i cattolici a un rinnovato impegno politico. Dice Costalli: «Una delle motivazioni che ci spingono a mantenere una posizione di attesa è proprio l'assenza, nelle dichiarazioni iniziali e nei discorsi, di quei valori non negoziabili che per noi sono essenziali. Così come non ho trovato alcun accenno all'economia sociale di mercato». Non è proprio una bocciatura ma un distinguo sì. Costalli ricorda un dato per lui essenziale: «Todi 2 si è ricompattata su un documento molto chiaro in cui quei valori sono chiaramente presenti. Dunque dovremo riunirci, parlare, riflettere. Vogliamo arrivare unitariamente a una decisione e sarebbe sbagliata qualsiasi fuga in avanti. E altrettanto sbaglierebbe se qualcuno se l'aspettasse». A cosa si riferisce, presidente Costalli? «Sappiamo bene che quei valori creano non pochi problemi nell'area laica. Ma noi non possiamo né vogliamo rinunciarci, come qualcuno in realtà vorrebbe». I «si dice» si susseguono. Si parla di una preoccupazione della Conferenza episcopale italiana. Non solo per il testo iniziale della convocazione ma anche per la sorte dei Movimenti cattolici: un conto sarebbe un lavoro per dar vita a un vasto raggruppamento capace di attirare consistenti consensi elettorali, giustificando l'impegno di associazioni forti di migliaia di aderenti. Altro sarebbe un allargamento di Italia Futura. Non è un caso forse che, pur sollecitati, altri interlocutori come Sergio Marini (Coldiretti) e Luigi Marino (Confcooperative) preferiscano non intervenire nel dibattito. Andrea Olivero però ribatte: «Io, dal palco della convention, ho ricordato con chiarezza i nodi che ci premono. Cito letteralmente: "Voglio qui portare i valori che mi sono e ci sono più cari come cattolici. La tutela e la promozione della vita, a partire da quella più fragile e indifesa. La famiglia fondata sul matrimonio e aperta alla generatività, la libertà di educazione...". Naturalmente le ho presentate come proposte laicamente fondate, altrimenti sarei un integrista». Ma quale evoluzione si può immaginare? «Ricordo che il documento di convocazione non può essere inteso come programma fondante di un soggetto che è ancora tutto da definire. Nelle prossime settimane, quando si deciderà il tipo di impegno, si uscirà sicuramente dalla genericità approdando a una sintesi». Molto più neutra, infine, l'analisi di Gianfranco Brunelli, direttore del quindicinale «Il Regno» del Centro editoriale dei padri dehoniani: «Non mi risulta che il movimento patrocinato da Montezemolo possa essere definito come "formazione cattolica". Questo dibattito mi sembra mal impostato. Tocca di fatto al singolo cattolico impegnato in politica difendere e incarnare certi valori. Perché l'ispirazione cristiana di origine è immensamente più grande di qualsiasi luogo concreto in cui si possa esercitare una responsabilità politica...».

lunedì 19 novembre 2012

La vicenda Scalera ..uno scandalo

Alla cortese attenzione
del Sindaco Massimo Cacciari;
dell’assessore al Patrimonio e ai Lavori Pubblici Mara Rumiz



Oggetto: Edilizia Convenzionata Pubblica nell’area Scalera


L’Associazione 40xVenezia, tra i cui scopi rientra la difesa e la rinascita del tessuto socio-economico della città storica, chiede al Comune di Venezia lo stato di sviluppo del progetto di Edilizia Convenzionata Pubblica dell’area Scalera, rientrante nel più ampio accordo con Aqua Marcia relativo al recupero del Molino Stucky.
Facendo seguito al nostro Documento Casa 1.0 - presentato nel maggio 2008, che vi alleghiamo – e agli articoli non esaustivi usciti sugli organi di stampa, sottolineiamo la necessità di mantenere alta l’attenzione sulla realizzazione e soprattutto sulla assegnazione delle case pubbliche della Scalera.
A tal proposito chiediamo all’amministrazione comunale nelle persone del sindaco Massimo Cacciari e dell’assessore del Patrimonio e dei Lavori Pubblici Mara Rumiz:

  • quale sia la quantità esatta, tra gli alloggi in corso di realizzazione, di quelli destinati alla vendita a prezzo convenzionato e quale il numero da assegnare in locazione alle fasce protette;
  • quale sia il taglio dei predetti alloggi;
  • quali siano i criteri previsti dal bando per l’assegnazione;
  • quali siano le modalità previste per favorire lo scorrimento della graduatoria in modo da scongiurare il rischio che alloggi destinati ad uno scopo di difesa del tessuto sociale finiscano sul libero mercato;
  • quali garanzie il Comune abbia attivato affinché le clausole previste dalla convenzione con Aqua Marcia abbiamo sufficiente copertura;
  • quali considerazioni siano state fatte in merito all’andamento del mercato immobiliare stante i recenti avvenimenti e quindi quali riflessioni questi eventi abbiano nella determinazione del nuovo prezzo convenzionato.

La presente missiva ha lo scopo di stimolare una efficace azione amministrativa sulle delicate questioni legate alla residenzialità sul territorio comunale, soprattutto riguardo la drammatica situazione della città storica. In attesa di un pronto riscontro a questa lettera ribadiamo la volontà di conoscere nel dettaglio le attività che codesta amministrazione comunale ha in essere, oltreché sull’area Scalera, per le aree di San Giobbe, Italgas (Gasometri S.Marta), San Pietro di Castello, Sant’Elena ex cantiere ACTV, e le politiche di recupero degli alloggi attualmente sfitti all’interno della città storica.
Stante l’estrema urgenza e delicatezza della questione residenzialità, siamo certi di un Vostro tempestivo chiarimento sulle politiche in corso, in mancanza del quale riterremo necessario coinvolgere l’opinione pubblica sul dramma sociale che questa città sta vivendo.

sabato 17 novembre 2012

Il risveglio del doge

Io c'ero e ho parlato di donne a Venezia. donne che in questa città vivono gli inconciliabili tempi del turismo e non hanno i nidi , che non riescono ad entrare nei cda delle partecipate del comune , denno che i partiti candidano come specchietto . Pestiamo i piedi veneziane!!!!
 Questo momento deve far capire alla nostra amministrazione che ci siamo e gli stiamo col fiato sul collo!

domenica 11 novembre 2012

Protocollo acqua alta 40xvenezia

PROPOSTA PER UN PROTOCOLLO DI PROCEDURE COMUNI
PER UN PIANO DI EMERGENZA MAREE


PREMESSA

Da un’indagine svolta all’interno del movimento dei 40xVenezia e tra diversi cittadini ed operatori
commerciali del territorio comunale, sono emerse come avvertite le seguenti necessità:

-condivisione di parametri chiari che definiscano i vari livelli d’emergenza prevista o raggiunta a
cui corrispondano precise sequenze di azioni istituzionali coordinate;

-elaborazione di un piano di “Emergenza Maree” (in caso di Acqua Alta o Acqua Bassa)
supportato da un’adeguata, capillare e tempestiva informazione alla popolazione;

-stesura di un protocollo condiviso che faccia scattare una serie di provvedimenti cautelativi, quali:
a) Interruzione “automatica” di qualsiasi azione sindacale sull’intero territorio comunale
b) Sospensione della raccolta rifiuti e conseguentemente il divieto di lasciare in calle i suddetti da
parte dei cittadini
c) Sospensione delle attività didattiche o alternative alle stesse
d) Istituzione di centri di pronto intervento civile dove le organizzazioni riconosciute di volontariato
possano prestare la propria opera
e) Formazione e informazione cittadina e scolastica del protocollo di emergenza cittadina
f) Coinvolgimento di concessionari di trasporto privato di persone che prestino servizio gratuito di
quanti necessitano di spostamenti urgenti per responsabilità nel piano di emergenza

Fermo restando l'indiscutibile e prezioso impegno profuso da Protezione Civile e volontari, come
40xVenezia abbiamo ipotizzato la possibilità di avviare un tavolo di lavoro cittadino -aperto anche
ad associazioni e altre rappresentanze della società civile veneziana -che elabori un'efficace
integrazione e completamento delle procedure già in essere da parte delle istituzioni preposte
(Comune, Prefettura, Protezione Civile...) nonché del Piano Provinciale di Emergenza, elaborato
come da D.L.vo 112/98, al fine di creare maggiore efficacia e complementarietà tra istituzioni e
cittadini in un’azione comune e corale volta all'affrontare i disagi e i pericoli che situazioni di
emergenza legata alle maree comportano alla popolazione residente e agli ospiti della città.
Siamo infatti fortemente convinti che un ampliamento e un consolidamento di protocolli di
emergenza sia indispensabile, inserendovi eventualmente anche istituzioni ed enti che hanno larga
presenza di sedi ed attività in centro storico.
Inoltre auspichiamo in tal modo di favorire un miglior coordinamento tra centro maree, istituzioni,
enti vari, imprese e cittadini, avvertito dalla città, come si può evincere dalle tante proteste emerse
nei primi giorni di dicembre.

Quale primo strumento di cui dotare tale tavolo, abbiamo quindi elaborato la seguente proposta di
protocollo di procedure comuni per un piano di emergenza “maree”, dove specificare in termini di
competenze e reperibilità, i ruoli che ogni istituzione deve avere nel caso si verifichi l'emergenza.
Poiché qualsiasi piano di protezione civile prevede dei protocolli fra i vari attori che entrano in
gioco in caso di emergenza, detto protocollo deve prevedere un piano di emergenza da aggiornarsi
ogni 6 mesi



LA PROPOSTA

1. Del principio di “Emergenza”
E’ indispensabile arrivare alla definizione chiara e inequivocabile dei parametri che individuano i
vari livelli d’emergenza ai quali corrispondano precise sequenze d’azioni istituzionali coordinate

2. Del potenziamento del Centro Maree
Poiché nell’attuale stato di vulnerabilità la previsione degli eventi eccezionali di acqua alta è alla
base di tutte la catena informativa che permette alla cittadinanza di difendersi per tempo, si ritiene
che la preziosa e indispensabile opera svolta dagli addetti del Centro Maree non solo debba essere
maggiormente conosciuta, ma anche maggiormente valorizzata, ad esempio attraverso azioni di
potenziamento del centro, della sua rete telemareografica e correntometrica e della modellistica
impiegata, da concordare con il centro stesso.

3.Dell’informazione al pubblico

Si ritiene debba essere implementato il servizio di informazione in tempo reale della situazione
maree, segnatamente attraverso:
a) Maggiore promozione del sistema di allerta capillare del rischio acqua alta via sms e sviluppo
dello stesso (anche mediante eventuali accordi con i gestori telefonici volti a contenere i costi);
b) attivazione di specifica messaggistica sui display posizionati presso le fermate degli autobus (o
all’interno degli autobus) ACTV e/o ATVO diretti a Venezia che avvertano del livello dell'acqua,
così che chi arriva dalla terraferma possa regolarsi di conseguenza.
c) attivazione di specifica messaggistica sui display posizionati presso le uscite degli aeroporti
dedicati a Venezia (Tessera e Treviso)
d) Avvisi audio nelle principali Stazioni ferroviarie del Dipartimento Regionale Veneto e
e) Sistema di rilevamento e successiva informazione sul web del centro maree con aggiornamenti in
tempo reale, grazie alle segnalazioni di soggetti aderenti al presente protocollo e presenti nei diversi
punti della laguna.
f) Miglioramento della distribuzione di materiale a stampa (guida con mappa) multi-lingue per
informare anche le presenze straniere sulla tipologia del fenomeno “acqua alta” e le sue
caratteristiche, su eventuali procedure da seguire nonché sui presidi medici, ospedalieri e di pronto
soccorso presenti in città
g) Divulgazione di eventuali messaggi “a voce” almeno anche in inglese, per informare gli stranieri
presenti in città sullo stato della situazione.

4. Delle procedure da attivarsi durante l’alta marea
Premesso che allo stato attuale non ci è stato ancora possibile visionare tutti i documenti relativi alle
eventuali procedure già esistenti in caso di acqua alta della Prefettura, del Comune di Venezia,
dell’Actv, di Vesta, ecc., qualora tali documenti non lo prevedessero già, si propone di includere nel
Piano Emergenza:
a) obbligo di diminuzione dei limiti di velocità dei natanti con una altezza di marea superiore ai 90
cm. ed un divieto di navigazione a motore sopra il metro e 10 (tranne per i servizi pubblici e quelli
ritenuti indispensabili).
b) divieto di mettere fuori le immondizie dopo il suono delle sirene e, se già esposte, l'obbligo di
ritirarle.
c) espressa richiesta agli utenti privati affinché nei due giorni successivi al fenomeno dell’alta
marea seguano scrupolosamente le due tipologie di "differenziata" (carta, vetro e lattine) per
facilitare così lo smaltimento del sovrappiù di immondizie per lo più legate ad attività commerciali
d) utilizzo di passerelle non galleggianti con un sistema rapido di fissaggio ai cavalletti.


5. Del rilevamento di danni
Una volta individuati i diversi livelli d’emergenza, si favoriscano le seguenti azioni:
a) prelievo di campioni d’acqua in punti importanti e strategici della Laguna e dei canali interni
veneziani, al fine di analizzarne la composizione chimica e batteriologica (rischio inquinamento)
b) ai ritiri dei giorni successivi ad un fenomeno di acqua particolarmente alta, Veritas comunichi i
dati (tonnellate o metri cubi) di immondizie raccolte in più rispetto al quantitativo medio

6. Obiettivi e conclusioni
La presente proposta di protocollo – ampliabile – è volta al miglioramento dell’attuale sistema di
procedure da adottarsi fino all’entrata in funzione del sistema di salvaguardia MOSE, chiamato a
garantire il superamento delle problematiche sollevate e delle lacune evidenziate dall’attuale
sistema di gestione dell’emergenza acqua alta.

Si ritiene necessaria una verifica con i diversi soggetti interessati dai contenuti del presente
documento, perciò è nostra intenzione stimolare l’avvio di un ciclo di incontri operativi in cui i
diversi enti e istituzioni possano operare un’analisi tecnica approfondita dello stato d’essere e
confrontarsi sulla fattibilità delle nostre proposte.

Anna Brondino
40xVenezia

giovedì 8 novembre 2012

Bucheremo la sfera di cristallo a Venezia?

Al presidente del consiglio Comunale
Roberto Turetta

Egr Presidente
Abbiamo saputo che il consiglio comunale si appresta a discutere delle prossime nomine per il collegio dei revisori dei conti del nostro comune di Venezia
E' per questo che mi preme farle presente che proprio per dare seguito alla nostra campagna per la sensibilizzaziome delle donne alla presentazione dei curricula per i ruoli dirigenziali negli organismi di controllo e nelle partecipate di questo comune , vorremmo che nella discussione venissero tenute presente le competenze delle donne che hanno presentato il loro curriculum.
Dare spazio alle donne competenti e capaci , non significa togliere posti agli uomini, ma fare un grande salto di qualità culturale e innovativa.
Tutti i cittadini e le cittadine che vogliono mettere al servizio della comunità del nostro territorio il loro tempo e le loro capacità per migliorarne la qualità di vita econimica e culturale, debbono avere pari opportunità di accesso ai ruoli apicali e di controllo.
Questo non può che essere migliorativo e motivante per una gestione della cosa pubblica che intenda avere come scopo ultimo il benessere fisico , economico e culturale di tutti i cittadini.
Siamo sicure che lei si adopererà perchè solo i criteri della competenza e della qualità diventino illuminanti nella scelta delle persone che il consiglio comunale si appresta a designare 
Anna Brondino 

martedì 6 novembre 2012

Arsenale ai veneziani?

Io non credo sia proproio così
Stiamo parlando di 3 milioni di euro che il comune non può più spendere come vuole .
Caro Orsoni dicci che ci vuoi fare con gli spazi che chiedi e non strumentalizzare i movimente e le associazioni per il tuo bilancio
Che mi dici se Arsenale spa vendesse un po' di sue quote ai privati che magari fanno un bel albergo a 5 stelle con campo da golf e darsena?
Perchè tu sindaco e quindi istituzione pubblica delegittimi l'avvocatura di stato , perchè non ti piace ciò che dice?
Attendo risposta

Il metodo dell’ostracismo di Francesco Merlo

Come sempre chi ha idee confuse ha paura delle idee. E dunque Grillo e i suoi pasdaran, per paura delle idee di Federica Salsi, hanno deciso di punirla e l'hanno isolata anche fisicamente, come fanno i talebani con le donne che hanno rotto il patto d'onore. Mancava solo che le tirassero le pietre. E infatti, quando nel consiglio comunale di Bologna lo spettacolo è diventato grottesco, la Salsi si è sentita - ha detto - "lapidata in pubblico". E le pareva - ha aggiunto - di essere "dentro Scientology" perché questo cieco fanatismo grillino sarà pure comicità che si fa tragedia, ma chissà quanti vaffanculo stanno diventando concreti e duri sulla pelle di una donna viva e sensibile. E infatti le è sembrato di subire - ha scandito - "una violenza" quando il suo compagno e collega Massimo Bugani si è alzato e l'ha lasciata sola pronunziando frasi sconnesse ma tonitruanti come questa: "Io credo che per me parli la mia storia" (la geografia è afasica?). Come si vede, il linguaggio è ridicolo ma anche allarmante. Ascoltiamo ancora questo goffo Carneade che, confortato da Momsen e da Polibio, si appella "alla mia vita e al mio impegno su questi temi all'interno del consiglio comunale". Ecco: "Questi temi" erano la partecipazione a Ballarò della lapidanda e disonorata Federica e non i rumori di guerra atomica tra Iran e Israele. E però dietro la nostra facile risata c'è la preoccupazione per il vuoto delirio che la Storia ci ha fatto ben conoscere nella sua versione grandiosa e che adesso Grillo ci ripropone in chiave buffa e mostruosa ma pur sempre violenta, tragicomica appunto. Pensate che Bugani si è fatto fotografare mentre fa il gesto di vittoria come Churchill con alle spalle l'emblema del Movimento 5 stelle e addosso una t-shirt con su scritto: "Io siamo Massimo Bugani". Certo, questo invasamento somiglia più a quello di Sandro Bondi per Berlusconi che alla mistica dei comunisti per Stalin, ma la banalità dello squilibrio è la stessa. Grillo - ha raccontato ieri il quotidiano Pubblico - ha compilato una lista di cronisti da evitare, di giornali a cui non concedere interviste, di programmi televisivi da boicottare. Macchiettisco dunque. E tuttavia violento. E non verso i giornali (chi se ne importa) ma verso i militanti che se disobbediscono e vanno a Ballarò vengono appunto lapidati come Federica Salsi. E sono i tipici sintomi di quelle febbri da teste calde. Pensate che il nostro Carneade produce video inchieste per il movimento, il gruppo virtuale dei grillini, firmate con il soprannome di un pirata, "Nick il nero", proprio come un tempo i ragazzi di Farinacci adottavano nomignoli salgariani: "La disperata" era la squadra, e il capomanipolo era "Yanez". Di sicuro Federica Salsi non è Rosa Luxemburg ma una di quelle donne che è bello incontrare e frequentare solo per scambiare battute sull'attualità o sulla moda o sui figli. E difatti pensava di poter dire la sua su quel piccolo mondo che è la politica italiana senza chiedere il permesso a Grillo o a Casaleggio o ai consiglieri comunali di Bologna - l'altro scientologo si chiama Marco Piazza - che l'hanno maltrattata. E ascoltate ancora come diventava accorato Bugani, un po' Atlante e un po' Giobbe, con il peso e le ferite del mondo addosso: "Ci sono momenti davvero dolorosissimi nella vita (e i fazzoletti grondavano pianto, ndr) in cui si deve osservare il mondo da un diverso punto di vista pagandone anche le conseguenze. Questo per è me uno di quei momenti". Stephen Zweig, che li chiamò Momenti Fatali, ne aveva contati 14: quattordici vite che riassumono il mondo. Bugani è il quindicesimo Momento Fatale. E forse il sedicesimo è Antonio Di Pietro mentre caccia Massimo Donadi, un altro reietto, reo di dissenso. Di Pietro, che nella sua lunga storia non ha mai nascosto la mano mentre lanciava le pietre, sta finendo in una filodrammatica dove ci sono tutte le parti in commedia, buffonesche e tragiche. E ora i suoi intellettuali organici fanno esercizi di filologia catastale, come neppure Bocchino ai tempi di Tulliani, precisando che le case sono 11 e non 56. E la loro contabilità al dettaglio distingue appartamenti e particelle, donazioni e "elargizioni modali", affitti e speculazioni, senza pensare che - come diceva Totò - "non è la somma che fa il totale", perché è il dettaglio che offende, è il dettaglio che si fa trave nell'occhio del moralista, nel cuore della confraternita. Comunque Di Pietro, che campa di televisione, non potrà mai entrare nella Scientology di Grillo. Ce lo spiega di nuovo il devotissimo Carneade Bugani, citando Pasolini: "Non c'è niente di più feroce della banalissima televisione". Così il grillismo da mediocrità dispettosa sta mutandosi in populismo velenoso. L'originaria comicità è diventata ferocia contro il dissenso. Scriveva Rimbaud: "... avverto la ferocia del sorriso idiota".