giovedì 19 luglio 2012
Quell’idea da Unione Sovietica non funziona neppure per il Pil di Leonardo Becchetti
Pare che alcuni esperti del governo abbiano trovato
la killer application, l’idea risolutiva per
sconfiggere la crisi. Si tratta di un’invenzione geniale di stampo sovietico
che ogni tanto, da ultimo in questi giorni, riemerge come un fiume carsico. Se
il Prodotto interno non cresce togliamo un po’ di ferie e ponti per aumentare
le giornate di lavoro. Il principio è semplice. Prendiamo la torta della
ricchezza creata in un anno nel Paese (il Pil appunto) e dividiamola per i
giorni di lavoro. Troveremo che ogni giorno di lavoro produce una bella fetta.
Se riduciamo le ferie creando nuovi giorni di lavoro avremo delle fette
aggiuntive. La trovata ricorda l’economia pianificata dell’Urss dove il successo
dell’economia si misurava sulla base dei volumi di produzione e il modello era Stakanov, l’operaio che divenne mitico estraendo 102
tonnellate di carbone in 6 ore. Il problema della recessione nell’economia
moderna, infatti, in questa fase almeno è tutto dal lato della domanda e non da
quello dell’offerta. Non cresciamo poco perché lavoriamo troppe poche ore non
riuscendo a soddisfare una domanda che c’è, bensì perché non c’è abbastanza
domanda per quello che vorremmo produrre. Ovvero la produttività non è scarsa
perché non produciamo abbastanza manufatti ma perché non ci sono abbastanza
richieste per quelli che produciamo tanto da costringerci ad un utilizzo
parziale dei nostri macchinari e della nostra capacità produttiva. È ciò che
testimoniano due fotografie tipiche delle recessioni: i concessionari pieni di
auto nuove invendute e le grandi aziende costrette a cassa integrazione o
contratti di solidarietà (dove tutti lavorano alcune ore in meno) per evitare
licenziamenti di massa. Pensate agli effetti della beffa di questa trovata di
alcuni esperti governativi: più giorni di lavoro per produrre più automobili
nella catena di montaggio ingolfando in maniera ancora maggiore i
concessionari. Più ore di lavoro che si tramutano immediatamente nelle grandi aziende
che hanno troppi addetti in un aumento delle ore di solidarietà. Per non
parlare delle ripercussioni negative di un taglio delle festività sul settore
turistico, che rappresenta una quota fondamentale del nostro sistema
produttivo. Come il premio Nobel Stiglitz ha cercato
di spiegare il più semplicemente possibile la crisi è un problema di domanda
(sempre più tramortita dai tagli alla spesa che non possiamo usare per ridurre
le tasse ma siamo costretti ad utilizzare per pagare gli interessi usurari della
speculazione) ed è il frutto delle diseguaglianze crescenti di un sistema
economico devastato da un oligarchia finanziaria anglosassone fuori controllo.
Se firmiamo un assegno di un milione di euro ad un super ricco solo una piccola
parte di quei soldi si trasformeranno in consumi mentre se lo stesso milione di
euro lo usiamo per ridurre le tasse dei ceti più poveri tutti quei soldi
verranno utilizzati per consumi essenziali con effetti molto maggiori per la
domanda. Non è un caso pertanto che la letteratura scientifica non trovi alcuna
correlazione negativa tra giorni di ferie e crescita. Al contrario risultati econometrici recenti dimostrano, analizzando un campione di
182 Paesi, che un giorno in più di ferie aumenta il Pil dello 0,3 per cento (Amavilah, 2009). Risultati analoghi e più significativi
sono documentati da Ramasany (2008) che sottolinea
come l’effetto positivo si determina attraverso un aumento dei consumi.
Risultato confermato dalla reintroduzione di quattro giorni di festa in Cina
nel 2007, che ha prodotto un aumento delle vendite tra il 15 e il 17 per cento.
Certo si può sempre pensare che il genio italico trovi un’idea innovativa
brillante in quel primo maggio vissuto al lavoro e non al riposo. Sappiamo però
che la regola d’oro delle politiche di gestione del personale nelle grandi
aziende multinazionali è di costringere le persone a prendersi le ferie per
evitare stress da superlavoro e problemi psicologici. E la nostra cultura e
tradizione ci dice che il riposo è un momento fondamentale per ricaricare
energie ed idee, per vivere e gustare la nostra vita di relazioni. Ma non
vogliamo mettere in campo una valutazione sulla base di concezioni di benessere
più evolute o su temi etico-sociali. La trovata
sovietica di abolire numerosi giorni di festa o di ferie è prima di tutto una
pessima idea anche soltanto dal punto di vista del Pil.
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