lunedì 4 giugno 2012

La coppia come una spa, la ricetta della Banca d'Italia

Quando parla di questione femminile il vice direttore generale della Banca d’Italia riempie puntualmente la sala. E’ accaduto anche questa volta al Festival dell’Economia: gran calca e solo posti in piedi nelle due sale attrezzate per ascoltare l’intervento di Anna Maria Tarantola venuta a Trento a presentare, insieme alla moderatrice Tonia Mastrobuoni, giornalista de La Stampa, Valeria Fedeli della Cgil e all’economista Andrea Ichino, il toccante libro-inchiesta di Chiara Valentini: O i figli o il lavoro (Feltrinelli, 16 euro).
La più autorevole donna della finanza italiana ha imposto per la prima volta un capitolo sul ruolo delle donne nell’economia nella relazione annuale del Governatore .
Ma qui al Festival, la dirigente di Banca d’Italia, componente del Comitato dell’Istituto Toniolo, l’ente fondatore dell’Università Cattolica di Milano, è venuta a puntare il dito su quella
“cultura familistica che relega le donne al ruolo di mogli e di madri” e, di fatto, mette un tappo allo sviluppo del paese. Perché ormai è ampiamente riconosciuto come “l’equita tra uomini e donne sia necessaria per la crescita”.
Le storie che Valentini racconta nel suo libro, mettono i brividi: precarie che nascondono la maternità fasciandosi in ventre nei bustini, donne sole povere, licenziate, uomini padri responsabili e per questo mobbizzati in azienda. Per Tarantola si deve parlare (anche) di “diffuso mancato rispetto delle regole. Abbiamo delle regole buone nel nostro Paese – dice raccogliendo l’applauso – basterebbe applicarle ma soprattutto farle applicare e qui e’ necessario pensare a piu’ controlli”.
A Ichino che propone lo sgravio fiscale per la lavoratrice, quando il compagno (o un altro familiare maschio, per esempio l fratello) sceglie di assumersi i compiti di cura dei figli o degli anziani, Tarantola replica che “va bene, ma non basta”. Quello che “la Banca d’Italia immagina – dice il vice direttore – è una batteria di interventi” di contrasto a quella che lei chiama “la sottorappresentazione delle donne nel mercato del lavoro e nei ruoli apicali”.
La ricetta Tarantola mette in primo piano la revisione dell’organizzazione delle aziende e della loro governance (“dai bilanci si può vedere qual è l’impatto positivo” dell’introduzione delle politiche di genere) e considera la coppia come una “società genitoriale” una spa basata sull’equa distribuzione dei carichi. La famiglia dovrà avere poi “un rapporto diverso con lo Stato e la fiscalità che va ripensata”.
“Non è vero che la spesa sociale in Italia è bassa, è vero invece che tolte le risorse per le pensioni resta ben poco per tutto il resto. Per questo la struttura della spesa va ripensata”.
E’ ancora Ichino, professore di economia politica a Bologna, che accende il confronto con una dichiarazione-choc:
“I figli sono un bene privato. Lo Stato non può pensare a tutto. Se la conciliazione lavoro-casa è un problema, si facciano meno figli”, dice l’economista quattro volte papà.
“Basta colpevolizzare le donne e poi sappiamo che il problema della cresscita e anche e soprattutto demografico” sbotta Fedeli. “Le parole dell’economista provocano stupore – aggiunge Valentini – i nostri figli, i nostri bambini non sono numeri. Sono cittadini, con dei diritti”.
“Caro professore – chiude Tarantola – non funziona così: è noto che la disoccupazione delle donne senza figli è altissima”. L’equazione che non perdona la ricorda Mastrobuoni : “Donne a casa, culle vuote”

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