Milano - A tre mesi di distanza da Benedetto XVI, e
anzi usando praticamente le stesse parole pronunciate in giugno dal Papa a
Milano, il cardinale Angelo Scola ribadisce che «Dio è vicino» anche «a chi ha
il cuore ferito» per una separazione o un divorzio. Rilancia l'invito ai
cristiani per la pratica di una vita che sia «più testimonianza che militanza».
E dopo un'analisi storica che dall'Italia del dopoguerra approda alla «società
plurale» dell'attualità si chiede: «La Chiesa, ferita dal peccato di taluni
suoi membri, è ancora credibile agli occhi dell'uomo postmoderno?». La risposta
è sì, dice il cardinale, a patto di non cercarla in «discutibili maestri del
nostro tempo» ma nella Fede in Cristo: resistendo alle molte «tentazioni» - e
Scola ne fa un lungo elenco - da cui essa viene spesso «messa alla prova». Questo
e molto altro scrive l'arcivescovo di Milano nella Lettera pastorale Alla
scoperta del Dio vicino (Centro Ambrosiano, pp. 64, 2 euro) rivolta «a tutti,
battezzati e non credenti», presentata ieri in Duomo e dedicata ai temi-guida
indicati dal Papa per il 2012-2013 «Anno della Fede». Una sfida ardua,
riconosce lo stesso Scola, se solo si considerano i cambiamenti degli ultimi
sessant'anni: dalla «religiosità diffusa» ma anche «convenzionale» del
dopoguerra sino al massiccio «abbandono della pratica cristiana» col '68, dalle
«profonde ferite del terrorismo» alla «gaia rassegnazione della Milano da bere»
sfociata infine nel «travaglio» di oggi con tutti i suoi aspetti «più inediti
che epocali», dalle «biotecnologie» al «meticciato
delle civiltà». La domanda che ne segue è impegnativa per forza: «In un simile
contesto è ancora possibile proporre che al di fuori di Cristo non c'è
salvezza?». Scola risponde ai cristiani che la via per farlo c'è ma richiede
appunto, in contraddizione almeno apparente con la fama di ciellino da cui in
questi mesi ha cercato peraltro ripetutamente di smarcarsi, «testimonianza più
che militanza»: con i «linguaggi della gratitudine piuttosto che quelli del
dovere», con tanto «silenzio» più che «moltiplicazione di parole», praticando
la «comunicazione di un'esperienza» più che «l'affannosa ricerca del consenso».
Anche se poi, 40 pagine dopo, ammonisce proprio contro la «tentazione di
restare muti di fronte alle grandi questioni del nostro tempo come sessualità,
matrimonio, famiglia, vita, politica e giustizia» avvertendo i cristiani che
«proporre la loro esperienza» rappresenta comunque un «dovere» al quale quanti
sono veramente «illuminati da una fede adulta non si sottraggono». E parole di
comprensione non disgiunte da altre di avvertimento sono anche quelle rivolte
ai «separati e divorziati» (termini che egli non usa mai, rinviandoli tuttavia
alla esplicita citazione di Benedetto XVI) con la ribadita «attenzione» della
Chiesa alle «molte famiglie segnate da difficoltà, incomprensioni e divisioni,
legami abbandonati e costruiti con altri, con tutti i dolorosi contraccolpi provocati
soprattutto sui più piccoli». Con una puntualizzazione: «Dio invita tutti a
sentirsi a casa nella Chiesa al di là ogni pretesa», scrive Scola. E comunque
una messa in guardia: contro ogni «modello di convivenza esile, sospeso
all'emozione passionale e all'afasia che non sa esprimere la bellezza di un
amore casto, di un fidanzamento serio, di un matrimonio cristiano».
lunedì 10 settembre 2012
Scola alle coppie divorziate: “Dio è vicino anche a voi”
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