mercoledì 19 settembre 2012

Mamme, in due anni 800mila “licenziate” di Bice Benvenuti

Mamme e lavoro fuori casa. Con una battuta potremmo dire: come conciliare ciò che apparentemente è inconciliabile. Lo dimostrano i dati del rapporto «Mamme nella Crisi» di Save the Children, presentato ieri a Roma alla presenza del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero e della vicepresidente del Senato Emma Bonino. In Italia mancano i servizi all’infanzia e il lavoro extra familiare, se c’è, è a rischio a seguito della gravidanza, con pressioni o dimissioni in bianco. Al di là di una serie complessa di motivazioni socio­culturali, anche questi sono elementi fondamentali quando si cerca di spiegare il calo della natalità in Italia (-15mila nascite tra il 2008 e il 2010). Il rapporto donne­lavoro resta uno scoglio: nel 2010 solo il 50,6% delle donne senza figli era occupata (contro la media europea del 62,1%). Dato che scende al 45,5% con l’arrivo del primo figlio, al 35,9% con il secondo e a 31,3% nel caso di 3 o più figli. Tra il 2008 e il 2009 sono state 800 mila le mamme licenziate o spinte alle dimissioni. L’8,7% del totale delle interruzioni di lavoro nel 2009 è avvenuta per costrizione (era il 2% nel 2003). Sono queste condizioni precarie alla base della maggiore incidenza della povertà sui bambini e sugli adolescenti registrata in Italia. Il confronto internazionale dimostra, infatti, che lo spread relativo al rischio di povertà tra minori e adulti è pari all’8,2% (il 22,6% dei minori a rischio povertà contro il 14,4% degli over18). Fare figli diventa davvero un’impresa quando l’autonomia stenta ad arrivare: il 35,6% delle donne nel 2010 e il 36,4% nel 2011 erano inattive e appartenenti alla fascia 25-34 anni. Dei 3 milioni e 855mila donne fra i 18 e i 29 anni, il 71,4% vive con i genitori. Quanto al part time in aumento, le ragioni sono dovute quasi esclusivamente all’incremento del 'tempo parziale involontario', accettato cioè in assenza di occasioni di lavoro a tempo pieno (nel 2010 il 45,9% sul totale dei part time, contro la media Ue27 del 23,8%). Essere donna, lavoratrice e straniera rende poi tutto più difficile: il primo figlio comporta un aumento dell’indice di deprivazione materiale dal 32,1% al 37% contro il 13,3% e il 14,9% delle madri italiane. «La crisi non può e non deve essere un alibi per non affrontare subito le difficoltà specifiche e i divari di genere che ricadono sulle mamme e inevitabilmente sulla condizione dei loro figli», sottolinea Raffaela Milano, direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children. «E non si può chiedere ad una donna – prosegue – di scegliere tra lavoro e maternità». Se esistesse in Italia una rete di servizi all’infanzia la conciliazione famiglia-lavoro non sarebbe un’utopia per molte donne. Invece il paese continua a investire poco per la protezione sociale e le famiglie: solo l’1,4% del Pil nel 2009, contro la media Ue del 2,3%. In assenza di servizi, il contributo dei padri alla gestione dei figli è molto limitato: il lavoro familiare impegna le giovani donne 5 ore e 47 minuti al giorno, contro 1 ora e 53 minuti dei loro coetanei maschi. Il congedo parentale, inoltre, è stato utilizzato nel 2010 solo per il 6,9% da padri.

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