lunedì 24 settembre 2012
venerdì 21 settembre 2012
riflessioni politiche e non partitiche!
Oggi più che mai sono convinta che i peones come me che lavorano sul territorio e che si pagano tutto, anche la campagna elettorale, sono stufi delle palate di cioccolata che arrivano dai centri del potere romano o comunque più alti del livello comunale .
Qui si lavora, ci si sbatte per migliorare il territorio, per dare una buona qualità di vita ai cittadini e ci si scontra molte volte già con le ideologie che a volte sono devastanti e impediscono l'azione per il bene comune .
Per favore chi è disonesto venga mandato a casa ! Lasciateci lavorare per migliorare questo nostro paese, che non mi pare passi un ottimo periodo .
Qui si lavora, ci si sbatte per migliorare il territorio, per dare una buona qualità di vita ai cittadini e ci si scontra molte volte già con le ideologie che a volte sono devastanti e impediscono l'azione per il bene comune .
Per favore chi è disonesto venga mandato a casa ! Lasciateci lavorare per migliorare questo nostro paese, che non mi pare passi un ottimo periodo .
Il cardinale Christoph Schoenborn Il cardinale Christoph Schoenborn Presentato il piano di riordino che tiene conto della crisi delle vocazioni: “Va superata l’idea che la chiesa esista solo con il sacerdote”
È una riforma che assomiglia a una piccola rivoluzione quella
lanciata a Vienna dal cardinale Christoph Schoenborn. Un piano di
riordino e riduzione delle parrocchie che tiene conto della crisi delle
vocazioni e quindi della diminuzione del clero diocesano, e che però
allo stesso tempo valorizza il protagonismo dei laici nella Chiesa come
del resto è tradizione del cattolicesimo austriaco degli ultimi
decenni. Così si va verso comunità più piccole guidate da laici,
inoltre raggruppamenti di queste comunità verranno considerate
parrocchie e saranno gestite congiuntamente da sacerdoti e laici, la
responsabilità ultima sarà comunque del prete. Questo uno degli
aspetti più significativi del piano di riforma presentato oggi
dall’arcivescovo di Vienna.
«Dobbiamo liberarci - ha detto il cardinale - dell’immagine tradizionale secondo la quale la Chiesa c’è solo quando è presente un sacerdote». E anzi va riaffermato «il sacerdozio comune di tutti i battezzati». Si tratta di dare vita, ha aggiunto il cardinale, a una «nuova collaborazione di sacerdoti e laici sulla base della loro comune vocazione cristiana».
Nel merito, il piano prevede che nei prossimi dieci anni, le 660 parrocchie attualmente esistenti siano ridotte e accorpate come entità più grandi ma composte da singole ’filialì per meglio svolgere i compiti pastorali e missionari.
«Più comunità locali dirette dai laici - ha spiegato ancora il cardinale - formano nel loro insieme una nuova parrocchia che sarà diretta congiuntamente da sacerdoti e laici con la responsabilità finale di un parroco». Il cardinal Schoenborn ha ribadito espressamente che la riforma non abolisce le parrocchie: «nelle nuove parrocchie si potranno sviluppare comunità più numerose e più vive», poichè «la Chiesa deve ridiventare missionaria ed essere vicina alle persone nei luoghi in cui esse vivono».
Il cardinale ha quindi rilevato che la riforma comporta un «profondo cambio di prospettiva», poichè «dobbiamo staccarci dall’idea che la Chiesa esista solo là dove c’è un sacerdote», ma «così si ridà importanza al principio del sacerdozio comune» di «tutti i battezzati e cresimati», realizzando «una coesistenza di sacerdoti e laici sulla base della loro vocazione comune di cristiani».
«Dobbiamo liberarci - ha detto il cardinale - dell’immagine tradizionale secondo la quale la Chiesa c’è solo quando è presente un sacerdote». E anzi va riaffermato «il sacerdozio comune di tutti i battezzati». Si tratta di dare vita, ha aggiunto il cardinale, a una «nuova collaborazione di sacerdoti e laici sulla base della loro comune vocazione cristiana».
Nel merito, il piano prevede che nei prossimi dieci anni, le 660 parrocchie attualmente esistenti siano ridotte e accorpate come entità più grandi ma composte da singole ’filialì per meglio svolgere i compiti pastorali e missionari.
«Più comunità locali dirette dai laici - ha spiegato ancora il cardinale - formano nel loro insieme una nuova parrocchia che sarà diretta congiuntamente da sacerdoti e laici con la responsabilità finale di un parroco». Il cardinal Schoenborn ha ribadito espressamente che la riforma non abolisce le parrocchie: «nelle nuove parrocchie si potranno sviluppare comunità più numerose e più vive», poichè «la Chiesa deve ridiventare missionaria ed essere vicina alle persone nei luoghi in cui esse vivono».
Il cardinale ha quindi rilevato che la riforma comporta un «profondo cambio di prospettiva», poichè «dobbiamo staccarci dall’idea che la Chiesa esista solo là dove c’è un sacerdote», ma «così si ridà importanza al principio del sacerdozio comune» di «tutti i battezzati e cresimati», realizzando «una coesistenza di sacerdoti e laici sulla base della loro vocazione comune di cristiani».
giovedì 20 settembre 2012
mercoledì 19 settembre 2012
Mamme, in due anni 800mila “licenziate” di Bice Benvenuti
Mamme e lavoro fuori casa. Con una battuta potremmo
dire: come conciliare ciò che apparentemente è inconciliabile. Lo dimostrano i
dati del rapporto «Mamme nella Crisi» di Save the Children, presentato ieri a Roma alla presenza del ministro
del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero e
della vicepresidente del Senato Emma Bonino. In Italia mancano i servizi
all’infanzia e il lavoro extra familiare, se c’è, è a rischio a seguito della
gravidanza, con pressioni o dimissioni in bianco. Al di là di una serie
complessa di motivazioni socioculturali, anche questi sono elementi
fondamentali quando si cerca di spiegare il calo della natalità in Italia
(-15mila nascite tra il 2008 e il 2010). Il rapporto donnelavoro resta uno
scoglio: nel 2010 solo il 50,6% delle donne senza figli era occupata (contro la
media europea del 62,1%). Dato che scende al 45,5% con l’arrivo del primo
figlio, al 35,9% con il secondo e a 31,3% nel caso di 3 o più figli. Tra il
2008 e il 2009 sono state 800 mila le mamme licenziate o spinte alle
dimissioni. L’8,7% del totale delle interruzioni di lavoro nel 2009 è avvenuta
per costrizione (era il 2% nel 2003). Sono queste condizioni precarie alla base
della maggiore incidenza della povertà sui bambini e sugli adolescenti
registrata in Italia. Il confronto internazionale dimostra, infatti, che lo
spread relativo al rischio di povertà tra minori e adulti è pari all’8,2% (il
22,6% dei minori a rischio povertà contro il 14,4% degli over18). Fare figli
diventa davvero un’impresa quando l’autonomia stenta ad arrivare: il 35,6%
delle donne nel 2010 e il 36,4% nel 2011 erano inattive e appartenenti alla
fascia 25-34 anni. Dei 3 milioni e 855mila donne fra i 18 e i 29 anni, il 71,4%
vive con i genitori. Quanto al part time in aumento,
le ragioni sono dovute quasi esclusivamente all’incremento del 'tempo parziale
involontario', accettato cioè in assenza di occasioni di lavoro a tempo pieno
(nel 2010 il 45,9% sul totale dei part time, contro
la media Ue27 del 23,8%). Essere donna, lavoratrice e straniera rende poi tutto
più difficile: il primo figlio comporta un aumento dell’indice di deprivazione
materiale dal 32,1% al 37% contro il 13,3% e il 14,9% delle madri italiane. «La
crisi non può e non deve essere un alibi per non affrontare subito le difficoltà
specifiche e i divari di genere che ricadono sulle mamme e inevitabilmente
sulla condizione dei loro figli», sottolinea Raffaela Milano, direttore
Programmi Italia-Europa di Save
the Children. «E non si può chiedere ad una donna –
prosegue – di scegliere tra lavoro e maternità». Se esistesse in Italia una
rete di servizi all’infanzia la conciliazione famiglia-lavoro non sarebbe
un’utopia per molte donne. Invece il paese continua a investire poco per la
protezione sociale e le famiglie: solo l’1,4% del Pil nel 2009, contro la media
Ue del 2,3%. In assenza di servizi, il contributo dei padri alla gestione dei
figli è molto limitato: il lavoro familiare impegna le giovani donne 5 ore e 47
minuti al giorno, contro 1 ora e 53 minuti dei loro coetanei maschi. Il congedo
parentale, inoltre, è stato utilizzato nel 2010 solo per il 6,9% da padri.
lunedì 10 settembre 2012
Scola alle coppie divorziate: “Dio è vicino anche a voi”
Milano - A tre mesi di distanza da Benedetto XVI, e
anzi usando praticamente le stesse parole pronunciate in giugno dal Papa a
Milano, il cardinale Angelo Scola ribadisce che «Dio è vicino» anche «a chi ha
il cuore ferito» per una separazione o un divorzio. Rilancia l'invito ai
cristiani per la pratica di una vita che sia «più testimonianza che militanza».
E dopo un'analisi storica che dall'Italia del dopoguerra approda alla «società
plurale» dell'attualità si chiede: «La Chiesa, ferita dal peccato di taluni
suoi membri, è ancora credibile agli occhi dell'uomo postmoderno?». La risposta
è sì, dice il cardinale, a patto di non cercarla in «discutibili maestri del
nostro tempo» ma nella Fede in Cristo: resistendo alle molte «tentazioni» - e
Scola ne fa un lungo elenco - da cui essa viene spesso «messa alla prova». Questo
e molto altro scrive l'arcivescovo di Milano nella Lettera pastorale Alla
scoperta del Dio vicino (Centro Ambrosiano, pp. 64, 2 euro) rivolta «a tutti,
battezzati e non credenti», presentata ieri in Duomo e dedicata ai temi-guida
indicati dal Papa per il 2012-2013 «Anno della Fede». Una sfida ardua,
riconosce lo stesso Scola, se solo si considerano i cambiamenti degli ultimi
sessant'anni: dalla «religiosità diffusa» ma anche «convenzionale» del
dopoguerra sino al massiccio «abbandono della pratica cristiana» col '68, dalle
«profonde ferite del terrorismo» alla «gaia rassegnazione della Milano da bere»
sfociata infine nel «travaglio» di oggi con tutti i suoi aspetti «più inediti
che epocali», dalle «biotecnologie» al «meticciato
delle civiltà». La domanda che ne segue è impegnativa per forza: «In un simile
contesto è ancora possibile proporre che al di fuori di Cristo non c'è
salvezza?». Scola risponde ai cristiani che la via per farlo c'è ma richiede
appunto, in contraddizione almeno apparente con la fama di ciellino da cui in
questi mesi ha cercato peraltro ripetutamente di smarcarsi, «testimonianza più
che militanza»: con i «linguaggi della gratitudine piuttosto che quelli del
dovere», con tanto «silenzio» più che «moltiplicazione di parole», praticando
la «comunicazione di un'esperienza» più che «l'affannosa ricerca del consenso».
Anche se poi, 40 pagine dopo, ammonisce proprio contro la «tentazione di
restare muti di fronte alle grandi questioni del nostro tempo come sessualità,
matrimonio, famiglia, vita, politica e giustizia» avvertendo i cristiani che
«proporre la loro esperienza» rappresenta comunque un «dovere» al quale quanti
sono veramente «illuminati da una fede adulta non si sottraggono». E parole di
comprensione non disgiunte da altre di avvertimento sono anche quelle rivolte
ai «separati e divorziati» (termini che egli non usa mai, rinviandoli tuttavia
alla esplicita citazione di Benedetto XVI) con la ribadita «attenzione» della
Chiesa alle «molte famiglie segnate da difficoltà, incomprensioni e divisioni,
legami abbandonati e costruiti con altri, con tutti i dolorosi contraccolpi provocati
soprattutto sui più piccoli». Con una puntualizzazione: «Dio invita tutti a
sentirsi a casa nella Chiesa al di là ogni pretesa», scrive Scola. E comunque
una messa in guardia: contro ogni «modello di convivenza esile, sospeso
all'emozione passionale e all'afasia che non sa esprimere la bellezza di un
amore casto, di un fidanzamento serio, di un matrimonio cristiano».
mercoledì 5 settembre 2012
Le risorse della città metropolitana? Nessuno ne parla perchè ?
Perequazione ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 42 del 2009 e
sistema finanziario delle citta' metropolitane nelle regioni a
statuto ordinario
Art. 23
Fondo perequativo per le province e per le citta' metropolitane
1. Il Fondo perequativo di cui all'articolo 13 del citato decreto
legislativo n. 23 del 2011 e' alimentato, per le province e per le
citta' metropolitane, dalla quota del gettito della compartecipazione
provinciale all'IRPEF di cui all'articolo 18 del presente decreto non
devoluto alle province e alle citta' metropolitane competenti per
territorio. Tale fondo e' articolato in due componenti, la prima
delle quali riguarda le funzioni fondamentali delle province e delle
citta' metropolitane, la seconda le funzioni non fondamentali. Le
predette quote sono divise in corrispondenza della determinazione dei
fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamentali e riviste in
funzione della loro dinamica. Per quanto attiene alle funzioni non
fondamentali, la perequazione delle capacita' fiscali non deve
alterare la graduatoria dei territori in termini di capacita' fiscale
per abitante.
2. Ai sensi dell'articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009,
sono istituiti nel bilancio delle regioni a statuto ordinario due
fondi, uno a favore dei comuni, l'altro a favore delle province e
delle citta' metropolitane, alimentati dal fondo perequativo dello
Stato di cui al presente articolo.
Note all'art. 23:
- Si riporta il testo vigente dell'art. 13 del citato
decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23:
«Art. 13 (Fondo perequativo per comuni e province). -
1. Per il finanziamento delle spese dei comuni e delle
province, successivo alla determinazione dei fabbisogni
standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali,
e' istituito nel bilancio dello Stato un fondo perequativo,
con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e
degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso
per il finanziamento delle funzioni da loro svolte. Previa
intesa sancita in sede di Conferenza Stato-citta' ed
autonomie locali, con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con
le regioni e per la coesione territoriale e del Ministro
dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze, sono stabilite, salvaguardando la
neutralita' finanziaria per il bilancio dello Stato e in
conformita' con l'art. 13 della legge 5 maggio 2009, n. 42,
le modalita' di alimentazione e di riparto del fondo. Il
fondo perequativo a favore dei comuni e' alimentato da
quote del gettito dei tributi di cui all'art. 2, commi 1 e
2, e dalla compartecipazione prevista dall'art. 7, comma 2.
Tale fondo e' articolato in due componenti, la prima delle
quali riguarda le funzioni fondamentali dei comuni, la
seconda le funzioni non fondamentali. Le predette quote
sono divise in corrispondenza della determinazione dei
fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamentali e
riviste in funzione della loro dinamica.».
- Per il testo vigente dell'art. 13, della citata legge
5 maggio 2009, n. 42, si vedano le note all'art. 21.
Capo III
Perequazione ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 42 del 2009 e
sistema finanziario delle citta' metropolitane nelle regioni a
statuto ordinario
Art. 24
Sistema finanziario delle citta' metropolitane
1. In attuazione dell'articolo 15 della citata legge n. 42 del
2009, alle citta' metropolitane sono attribuiti, a partire dalla data
di insediamento dei rispettivi organi, il sistema finanziario e il
patrimonio delle province soppresse a norma dell'articolo 23, comma
8, della medesima legge.
2. Sono attribuite alle citta' metropolitane, con apposito decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottare su proposta del
Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza
unificata, le seguenti fonti di entrata:
a) una compartecipazione al gettito dell'IRPEF prodotto sul
territorio della citta' metropolitana;
b) una compartecipazione alla tassa automobilistica regionale,
stabilita dalla regione secondo quanto previsto dall'articolo 19,
comma 2;
c) l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilita' civile
derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i
ciclomotori, conformemente a quanto previsto dall'articolo 17;
d) l'IPT, conformemente a quanto previsto dall'articolo 17;
e) i tributi di cui all'articolo 20.
3. Le fonti di entrata di cui al comma 2 finanziano:
a) le funzioni fondamentali della citta' metropolitana gia'
attribuite alla provincia;
b) la pianificazione territoriale generale e delle reti
infrastrutturali;
c) la strutturazione di sistemi di coordinati di gestione dei
servizi pubblici;
d) la promozione ed il coordinamento dello sviluppo economico e
sociale;
e) le altre funzioni delle citta' metropolitane.
4. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui
al comma 2, e' altresi' attribuita alle citta' metropolitane la
facolta' di istituire un'addizionale sui diritti di imbarco portuali
ed aeroportuali;
5. La regione puo' attribuire alla citta' metropolitana la facolta'
di istituire l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili solo
ove l'abbia soppressa ai sensi dell'articolo 8.
6. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2,
della citata legge n. 400 del 1988, d'intesa con la Conferenza
Stato-citta' ed autonomie locali, entro un anno dall'entrata in
vigore del presente decreto, e' disciplinata l'imposta di scopo delle
citta' metropolitane, individuando i particolari scopi istituzionali
in relazione ai quali la predetta imposta puo' essere istituita e nel
rispetto di quanto previsto dall'articolo 6 del citato decreto
legislativo n. 23 del 2011.
7. Con la legge di stabilita', ovvero con disegno di legge ad essa
collegato, puo' essere adeguata l'autonomia di entrata delle citta'
metropolitane, in misura corrispondente alla complessita' delle
funzioni attribuite, nel rispetto degli obiettivi di finanza
pubblica.
8. In caso di trasferimento di funzioni da altri enti territoriali
in base alla normativa vigente e' conferita alle citta'
metropolitane, in attuazione dell'articolo 15 della citata legge n.
42 del 2009, una corrispondente maggiore autonomia di entrata con
conseguente definanziamento degli enti territoriali le cui funzioni
sono state trasferite.
9. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con cui
sono attribuite a ciascuna citta' metropolitana le proprie fonti di
entrata assicura l'armonizzazione di tali fonti di entrata con il
sistema perequativo e con il fondo di riequilibrio.
10. Dal presente articolo non possono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.
Note all'art. 24:
- Si riporta il testo vigente dell'art. 15, della
citata legge 5 maggio 2009, n. 42:
«Art. 15 (Finanziamento delle citta' metropolitane). -
1. Con specifico decreto legislativo, adottato in base all'
art. 2 e in coerenza con i principi di cui agli articoli
11, 12 e 13, e' assicurato il finanziamento delle funzioni
delle citta' metropolitane mediante l'attribuzione ad esse
dell'autonomia impositiva corrispondente alle funzioni
esercitate dagli altri enti territoriali e il contestuale
definanziamento nei confronti degli enti locali le cui
funzioni sono trasferite, anche attraverso l'attribuzione
di specifici tributi, in modo da garantire loro una piu'
ampia autonomia di entrata e di spesa in misura
corrispondente alla complessita' delle medesime funzioni.
Il medesimo decreto legislativo assegna alle citta'
metropolitane tributi ed entrate propri, anche diversi da
quelli assegnati ai comuni, nonche' disciplina la facolta'
delle citta' metropolitane di applicare tributi in
relazione al finanziamento delle spese riconducibili
all'esercizio delle loro funzioni fondamentali, fermo
restando quanto previsto dall' art. 12, comma 1, lettera
d).».
- Il testo dell'art. 23, comma 8, della citata legge
n.42 del 2009, e' il seguente:
«8. La provincia di riferimento cessa di esistere e
sono soppressi tutti i relativi organi a decorrere dalla
data di insediamento degli organi della citta'
metropolitana, individuati dalla legge di cui al comma 1,
che provvede altresi' a disciplinare il trasferimento delle
funzioni e delle risorse umane, strumentali e finanziarie
inerenti alle funzioni trasferite e a dare attuazione alle
nuove perimetrazioni stabilite ai sensi del presente
articolo. Lo statuto definitivo della citta' metropolitana
e' adottato dai competenti organi entro sei mesi dalla data
del loro insediamento in base alla legge di cui al comma
1.».
- Per il testo vigente dell'art. 17, della citata legge
23 agosto 1988, n. 400 e dell'art. 6 del citato decreto
legislativo 14 marzo 2011, n. 23 si vedano le note all'art.
20.
Divorzi e welfare, ricetta veneta di Massimiliano Melilli
La crisi in atto - oltre all'effetto «livella» di
Totò, tutti sullo stesso piano, in sofferenza - ha rivoluzionato persino canoni
e categorie sociali che credevamo eterni. Una volta poveri erano considerati i disoccupati
e i giovani in cerca del primo lavoro. Da oggi, per effetto di un provvedimento
del sindaco di Belluno Jacopo Massaro, che evoca lungimiranti modelli di
welfare dei Paesi scandinavi, nuovi poveri sono anche i divorziati e i precari.
Che saranno equiparati ai lavoratori atipici: avranno diritto a sussidi
economici e assistenziali. Dunque soldi, spesa, un tetto dove dormire. Ma
soprattutto è lodevole la presenza (concreta) delle istituzioni laddove per
anni, si è andati avanti solo grazie all'aiuto familiare oppure si è vissuto di
espedienti. Anche in Veneto, in questi anni, tante, troppe le storie a perdere
di divorziati, divorziate e precari: cittadini «invisibili» relegati nel
dimenticatoio. Nella stessa direzione del meritorio provvedimento di Belluno,
s'inserisce la legge regionale 29 del 10 agosto scorso. Obiettivo: aiutare i
divorziati. Articolato l'ambito d'intervento: forme di microcredito a tasso
zero, fondi per l'apertura di uno sportello per l'assistenza psicologica e
soprattutto un elevato punteggio per le graduatorie delle case popolari. I
fondi stanziati ammontano a 500 mila euro. Anche nel caso della Giunta Zaia siamo davanti ad un approccio moderno e solidale con
un fenomeno che anche a Nordest assume ormai i crismi dell'emergenza. Parliamo
di un mondo dove contenziosi legali, sentenze di Tribunali, liti fra ex coniugi
e famiglie stesso sfociate nel sangue, rappresentano l'immagine perdente di un
Paese che a parole si vanta di essere fra le prime sette superpotenze al mondo.
Gli ultimi dati fotografano una realtà che anche in Veneto fa riflettere:
2.036.041 fra celibi e nubili, 2.440.121 coniugati e 97.437 divorziati.
Quest'ultimo dato conferma la proporzione di un universo non più confinabile
nell'alveo della vita privata. Considerato il protrarsi della congiuntura
negativa e i segnali non certo incoraggianti per l'immediato futuro, i
divorziati devono rientrare a pieno titolo nell'agenda di Governo, Regioni,
Province, Comuni. C'è un altro aspetto confortante nel provvedimento del sindaco
di Belluno a favore di divorziati e precari. E' un dato politico che la dice
lunga sul Pd quotidianamente in guerra (o in pace) con Sel,
Idv. Movimento 5 Stelle e Udc. Sono trascorsi cento
giorni dall'insediamento della Giunta Massaro e il welfare di segno scandinavo
messo ora in campo, era uno degli impegni annunciati in campagna elettorale.
Impegno mantenuto. Di più. L'attuale squadra che guida la città è il frutto di
una lista civica trasversale che ha appoggiato il sindaco ex Pd. Si tratta di
«Patto per Belluno», che accoglie al suo interno anime del centrosinistra ma
soprattutto del centrodestra. Rilevanti e decisivi risultano anche i ruoli di
altre due civiche: quella del sindaco Massaro, «InMovimento»
e «Insieme per Belluno-Città futura». Tale quadro
dimostra che dalle ceneri del centrosinistra e del centrodestra, sul territorio
possono nascere formule di governo vincenti che amministrano modernamente
grazie a figure svincolate da rappresentazioni datate della politica.
Ruini: la Chiesa oggi non è indietro. Martini non era antagonista del Papa di Aldo Cazzullo
Cardinale Ruini, lei esordisce raccontando che gli
editori le chiedevano un libro di memorie sugli anni in cui ha guidato la
Chiesa italiana. Perché invece un libro su Dio?
«Perché mi sembra enormemente più utile, e anche più
interessante. L'esistenza di Dio e il nostro rapporto con Lui sono stati l'ancoraggio
della mia vita e il centro dei miei interessi intellettuali. Mi sento in dovere
di offrire questo libro alla gente».
Lei sostiene di aver avuto fin da ragazzo la
certezza dell'esistenza di Dio. Perché?
«Penso sia una certezza abbastanza naturale
all'uomo, e in particolare al bambino. Ma è anche un dono che Dio ci fa in modo
libero. Perché a qualcuno lo faccia in modo particolarmente intenso, questo lo
sa solo Lui».
I suoi genitori non la volevano prete.
«È vero, in famiglia ci fu un'opposizione molto
forte. Che mi rattristò, ma non mi fermò. Mio padre, che era medico, mi impose
però una condizione: andare a Roma. Temeva che nel seminario di Reggio Emilia
non mi avrebbero dato abbastanza da mangiare — erano ancora anni di povertà —.
E che non mi sarei laureato».
Degli studi alla Gregoriana lei ricorda
l'impostazione tomista e neoscolastica, oggi considerata superata. Questo cosa
significa? Che i teologi hanno rinunciato a dimostrare razionalmente
l'esistenza di Dio?
«Significa che la teologia ha iniziato un cammino
nuovo: un dialogo, sia pure critico, con la cultura attuale. Anche se la grande
scolastica da Tommaso a Bonaventura rimane molto
importante. Questo cambiamento non implica la rinuncia all'argomentazione
razionale a favore dell'esistenza di Dio. Sebbene la parola
"dimostrazione" oggi piaccia meno, perché sembra indicare la
necessità di credere in Dio. È invece una scelta razionalmente motivata ma
libera».
Conciliare fede e ragione è una linea-guida del
papato di Ratzinger, e affiora anche nel suo libro. Ma l'evoluzione delle
scienze e delle biotecnologie non rende ancora più difficile il compito?
«Le scienze da una parte diventano sempre più
consapevoli dei propri intrinseci limiti epistemologici. Dall'altra, pongono
domande sempre più grandi e sempre più radicali, non solo riguardo all'uomo ma
all'universo. Anziché chiudersi, le strade della fede, e direi anche della
filosofia, si aprono sempre di più. Lo scientismo, che considera oggettivamente
valido solo il pensiero scientifico, oggi è ormai obsoleto. E mette in
imbarazzo i migliori uomini di scienza, che sono lontani dal vantare
l'autosufficienza della ricerca scientifica».
Lei appare convinto che, pure nell'età della
secolarizzazione, la fede e anche la proposta di vita della Chiesa non siano
condannate a essere minoritarie. O no?
«Quantificare in queste materie è difficile. Vivere
da cristiani fino in fondo o comunque seriamente è di pochi; e secondo me lo è
sempre stato. Credere in Dio può essere di molti. In America siamo oltre l'80%,
in Italia le percentuali sono poco più basse; anche se decrescono nella cultura
alta, e nei media».
Da capo dei vescovi lei valutò che il cristianesimo
non dovesse rinchiudersi in un fortilizio assediato, ma giocare a tutto campo.
È così?
«Sì, però l'idea non è mia. È di Giovanni Paolo II.
Già nell'84, quando lo conobbi, diceva che l'onda di piena della
secolarizzazione era alle nostre spalle. Allora pareva un giudizio avventato;
oggi è condiviso dai sociologi della religione. Certo la corrente secolarizzatrice continua a essere forte. Su questo non
dobbiamo illuderci».
Dio come lo pensa lei è comune alle varie religioni?
Come possiamo essere certi di essere noi cristiani nel giusto? Come possiamo
essere sicuri che Gesù sia davvero «la più alta e definitiva manifestazione di
Dio nella storia»?
«Dio è certamente uno solo. Le varie religioni però
hanno di Lui idee molto diverse. Gesù stesso ha rivendicato di avere un
rapporto unico con Dio, che si esprime nella parola "figlio". E Dio
ha confermato questa pretesa inaudita di Gesù, resuscitandolo dai morti. La
pretesa non viene da noi, viene dal Cristo».
Secondo lei c'è differenza tra la fede di Wojtyla e
quella di Ratzinger? Noi tendiamo a pensare che la prima fosse più sentimentale
e la seconda più razionale.
«Le differenze ci sono, non ovviamente nei contenuti
ma nel modo, nello stile, anche secondo l'indole di ciascuno e il dono che Dio
fa a ciascuno. Ma i due Papi sono più simili di quel che sembrerebbe. Entrambi
uomini di intelligenza straordinaria: Benedetto XVI come tutti sanno, e
Giovanni Paolo II, che era di un'intelligenza fulminante e anche teoretica.
Entrambi uomini di fede rocciosa e direi semplice: si può essere un grande
teologo, come papa Ratzinger, e avere la fede delle persone semplici, o dei bambini».
È passato mezzo secolo dall'apertura del Vaticano
II. Aperture lungimiranti, interpretate in modo talora sbagliato: sembra essere
questa la sintesi che prevale oggi nelle gerarchie. Lei vi si riconosce? O no?
«Il Vaticano II è stato, come ha detto Giovanni
Paolo II, la massima grazia ricevuta dalla Chiesa nel XX secolo. Proprio per
questo è stato una sfida enorme, a volte mal compresa. Da ciò sono nati danni
molto grandi. Attorno a questa valutazione di fondo cresce il consenso».
Quali danni?
«La crisi del clero, della vita consacrata. Molti
hanno smesso la pratica religiosa. La crisi della forma cattolica della Chiesa.
Il Concilio si dedicò molto al rapporto tra i vescovi e il Papa, dando per
acquisita la "tranquilla adesione" all'intero corpo dottrinale della
Chiesa, come la definì Giovanni XXIII. Invece il magistero della Chiesa è stato
messo in discussione e spesso disatteso anche all'interno della Chiesa stessa».
Come ricorda il cardinale Martini e come interpreta
la sua figura? È stato il «capo dell'opposizione» all'interno della Chiesa wojtyliana e, per l'Italia, ruiniana?
«Non si tratta di Ruini: l'interlocutore di Martini
era il Papa. È stato spesso presentato come l'antagonista. Ma non ha mai voluto
essere così. Sarebbe anche un immiserirlo. È stata una grande personalità, un
leader mondiale, con molti registri: spirituale, biblico, dialogico, pratico;
Martini era anche uomo che sapeva governare in concreto. Innamorato di Cristo,
del Vangelo e della Chiesa, oltre che dell'umanità».
Cosa risponderebbe a Martini che nell'ultima
intervista dice: «La Chiesa è indietro di 200 anni»?
«Non ho mai polemizzato con lui da vivo, tanto meno
lo farei adesso. A mio parere, occorre distinguere due forme di distanza della
Chiesa dal nostro tempo. Una è un vero ritardo, dovuto a limiti e peccati degli
uomini di Chiesa, in particolare all'incapacità di vedere le opportunità che si
aprono oggi per il Vangelo. L'altra distanza è molto diversa. È la distanza di
Gesù Cristo e del suo Vangelo, e per conseguenza della Chiesa, rispetto a
qualsiasi tempo, compreso il nostro ma anche quello in cui visse Gesù. Questa
distanza ci deve essere, e ci chiama alla conversione non solo delle persone ma
della cultura e della storia. In questo senso anche oggi la Chiesa non è più indietro,
ma è più avanti, perché in quella conversione c'è la chiave di un futuro
buono».
Il silenzio di Dio di fronte al male è usato come
pretesto per negarlo. Dio può permettere anche attacchi alla Chiesa? Come
valuta la questione dei documenti del Papa trafugati?
«Non solo Dio può permettere questi attacchi, ma li
ha sempre permessi: fanno parte della logica profonda del cristianesimo. Gesù
lo disse chiaramente: "Come hanno perseguitato me, così perseguiteranno
voi". Quanto ai documenti, è una vicenda triste, di cui si è già parlato
fin troppo».
L'Italia è alla vigilia di elezioni delicatissime.
La Chiesa oggi ha un interlocutore privilegiato? I valori cattolici sono
rappresentati nell'attuale governo? Serve all'Italia un nuovo centro che ai
valori cattolici faccia riferimento? Lei vede nuovi possibili leader?
«Interlocutori della Chiesa sono tutti i credenti, e
tutti gli italiani interessati ad ascoltarla. Privilegiato può dirsi chi
ascolta di più. Fin dal convegno di Palermo del 1995, la Chiesa italiana preferisce
non entrare nelle questioni degli schieramenti politici. E invita non solo i
cattolici, ma tutti gli italiani disponibili, a impegnarsi politicamente per
valori e contenuti che sono sostenuti dalla Chiesa, ma non sono contenuti
confessionali, bensì di interesse generale. Quanto alle leadership, si prendono
e si esercitano, non le può conferire nessuno; tantomeno la Chiesa».
martedì 4 settembre 2012
lunedì 3 settembre 2012
un uomo illuminato
Chiesa indietro di 200 anni »
L'ultima intervista: «Perché non si scuote, perché abbiamo paura?»
Padre Georg Sporschill, il confratello gesuita che lo intervistò in
Conversazioni notturne a Gerusalemme , e Federica Radice hanno
incontrato Martini l'8 agosto: «Una sorta di testamento spirituale. Il
cardinale Martini ha letto e approvato il testo».
Come vede lei la situazione della Chiesa?
«La Chiesa è stanca, nell'Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l'apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi? (...) Il benessere pesa. Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador. Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell'istituzione».
Chi può aiutare la Chiesa oggi?
«Padre Karl Rahner usava volentieri l'immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vede nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell'amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala? Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti direzionali. Uomini che siano vicini ai più poveri e che siano circondati da giovani e che sperimentino cose nuove. Abbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque».
Che strumenti consiglia contro la stanchezza della Chiesa?
«Ne consiglio tre molto forti. Il primo è la conversione: la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione. Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio. Questi sono importanti per ognuno e a volte forse sono anche troppo importanti. Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale. La Chiesa è ancora in questo campo un'autorità di riferimento o solo una caricatura nei media? Il secondo la Parola di Dio. Il Concilio Vaticano II ha restituito la Bibbia ai cattolici. (...) Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della Chiesa e sapranno rispondere alle domande personali con una giusta scelta. La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti (...). Né il clero né il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all'interiorità dell'uomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti. Per chi sono i sacramenti? Questi sono il terzo strumento di guarigione. I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale. La Chiesa sostiene l'indissolubilità del matrimonio. È una grazia quando un matrimonio e una famiglia riescono (...). L'atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate determinerà l'avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli. Una donna è stata abbandonata dal marito e trova un nuovo compagno che si occupa di lei e dei suoi tre figli. Il secondo amore riesce. Se questa famiglia viene discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre ma anche i suoi figli. Se i genitori si sentono esterni alla Chiesa o non ne sentono il sostegno, la Chiesa perderà la generazione futura. Prima della Comunione noi preghiamo: "Signore non sono degno..." Noi sappiamo di non essere degni (...). L'amore è grazia. L'amore è un dono. La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta. Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?»
Lei cosa fa personalmente?
«La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall'aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l'amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l'amore vince la stanchezza. Dio è Amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?».
Come vede lei la situazione della Chiesa?
«La Chiesa è stanca, nell'Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l'apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi? (...) Il benessere pesa. Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador. Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell'istituzione».
Chi può aiutare la Chiesa oggi?
«Padre Karl Rahner usava volentieri l'immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vede nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell'amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala? Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti direzionali. Uomini che siano vicini ai più poveri e che siano circondati da giovani e che sperimentino cose nuove. Abbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque».
Che strumenti consiglia contro la stanchezza della Chiesa?
«Ne consiglio tre molto forti. Il primo è la conversione: la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione. Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio. Questi sono importanti per ognuno e a volte forse sono anche troppo importanti. Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale. La Chiesa è ancora in questo campo un'autorità di riferimento o solo una caricatura nei media? Il secondo la Parola di Dio. Il Concilio Vaticano II ha restituito la Bibbia ai cattolici. (...) Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della Chiesa e sapranno rispondere alle domande personali con una giusta scelta. La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti (...). Né il clero né il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all'interiorità dell'uomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti. Per chi sono i sacramenti? Questi sono il terzo strumento di guarigione. I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale. La Chiesa sostiene l'indissolubilità del matrimonio. È una grazia quando un matrimonio e una famiglia riescono (...). L'atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate determinerà l'avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli. Una donna è stata abbandonata dal marito e trova un nuovo compagno che si occupa di lei e dei suoi tre figli. Il secondo amore riesce. Se questa famiglia viene discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre ma anche i suoi figli. Se i genitori si sentono esterni alla Chiesa o non ne sentono il sostegno, la Chiesa perderà la generazione futura. Prima della Comunione noi preghiamo: "Signore non sono degno..." Noi sappiamo di non essere degni (...). L'amore è grazia. L'amore è un dono. La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta. Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?»
Lei cosa fa personalmente?
«La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall'aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l'amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l'amore vince la stanchezza. Dio è Amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?».
Georg Sporschill SJ, Federica Radice Fossati Confalonieri
Iscriviti a:
Post (Atom)