mercoledì 9 gennaio 2013
Un mondo cattolico spiazzato dalle priorità del Professore e dal vecchio schema bipolare di Massimo Franco
L'annullamento del convegno delle organizzazioni
cattoliche, il «Forum di Todi», che era in programma da domani, ufficializza lo
sbriciolamento di qualunque ipotesi di unità politica e perfino prepolitica di questo universo. Più che una novità, è una
conferma. Si tratta di un mondo diviso, che non è riuscito a trovare un
simulacro di compattezza nemmeno intorno al premier uscente, Mario Monti.
D'altronde, nelle ultime settimane anche dalle gerarchie ecclesiastiche erano
arrivati segnali contraddittori nei confronti di Palazzo Chigi. Il
riconoscimento del ruolo positivo svolto dal governo dei tecnici dopo la coda
disastrosa del centrodestra berlusconiano è stato quasi unanime, come corale è
stato il disappunto per la ricandidatura del Cavaliere. Intorno alla creazione
della lista centrista di Monti si erano create molte aspettative: anche se
alcuni vescovi avrebbero preferito vederlo nel ruolo di federatore di un fronte
opposto alla sinistra e più impegnato sui cosiddetti «valori non negoziabili».
Per questo negli ultimi giorni si è notata maggiore prudenza. L'investimento
sul premier uscente non è venuto meno ma è diventato più guardingo. Chi nel Pdl aspettava segnali da Monti per lasciare il partito è
rimasto deluso; ed ha cominciato a dare voci alle componenti della Cei che
avrebbero voluto una maggiore attenzione ai «temi cattolici». Il Pd è riuscito
ad arruolare diversi esponenti dell'associazionismo, spiazzando la tesi di una
sinistra «inospitale». E l'idea di organizzare un'altra riunione dei movimenti
più vicini alla Chiesa, con la partecipazione del presidente del Consiglio, si
è rivelata sempre più complicata. Sta emergendo quel filone «sociale» che
guarda con gratitudine e insieme con qualche distinguo la politica economica di
Monti. La disoccupazione in crescita e una crisi destinata a durare rendono tutti
più inquieti. E la catena di precisazioni su un rapporto della Commissione
europea con critiche all'Imu sulla prima casa,
smentite in serata, ha fornito un argomento polemico a chi, nell'«asse del
Nord» e a sinistra, vuole riscrivere la cosiddetta «agenda Monti». Dopo le
prime notizie, il presidente del Consiglio aveva ribattuto che in realtà l'Imu è stata chiesta all'Italia proprio dall'Ue. Siamo stati
costretti ad aumentare le tasse, ha ricordato, «perché alcuni irresponsabili
stavano facendo deragliare il Paese»: un riferimento a Berlusconi e al
Carroccio, e ai pericoli di un baratro finanziario nell'autunno del 2011. Ma
per gli avversari, il malinteso è manna elettorale. Viene utilizzato dal
centrodestra per far dimenticare il più possibile il passato recente; e per
colpire il premier uscente sul fronte internazionale che ha sempre costituito
la sua prima fonte di legittimazione: un'operazione spregiudicata che però
nessuno vuole lasciarsi sfuggire. Pier Luigi Bersani si sente vincente e
gongola: «Il Pd è la lepre da inseguire».
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