Sette anni sono passati, dalle prime denunce di
brogli. Sette anni di promesse, impegni, pensosi bla-bla-bla.
Eppure gli italiani all'estero torneranno al voto con le stesse regole pazze
che hanno permesso raggiri d'ogni tipo. Come quello ripreso in un video dove
dei ragazzotti nati e cresciuti in Australia, in cambio di una cassa di birra,
riempivano in un garage di Sydney centinaia di schede elettorali per mandare senatori
e deputati a Roma. Dice ora Berlusconi che sarebbe bene spostare il voto più in
là possibile perché «si può generare caos soprattutto per le elezioni
all'estero». Certo è che dopo avere osannato nel 2005 i nostri emigrati come
«strumento insostituibile della proiezione dell'Italia nel mondo» e dopo averli
attaccati nel 2006 («Non pagano le tasse, è discutibile che possano votare»)
perché proprio loro gli avevano fatto perdere per un pelo la maggioranza al
Senato, il Cavaliere non si è speso molto per cambiare quelle regole. Né, sia
chiaro, si sono spesi molto tutti gli altri. Racconta il senatore Claudio Micheloni, da mezzo secolo in Svizzera, che a un certo
punto parevano tutti d'accordo sulla necessità di cambiare almeno i punti più
scabrosi della legge del 2001 che attuando l'articolo 48 della Costituzione,
assegnò alle nostre comunità estere 12 deputati e 6 senatori divisi in 4
immense circoscrizioni planetarie. E i ritocchi, di buon senso, passarono
all'unanimità. Poi, però, si sono impantanati. Il grande sogno di Mirko
Tremaglia, che per decenni aveva girato il mondo promettendo a veneti e
calabresi, pugliesi e romagnoli che avrebbero potuto dire la loro in
Parlamento, è stato via via travolto da episodi
sconcertanti. Come il peso abnorme sui destini del governo Prodi
dell'italo-argentino Luigi Pallaro che si presentò
dicendo «chiunque vinca, io starò con l'esecutivo» e per mesi tenne tutti col
fiato sospeso: «C'è Pallaro? Il governo regge o va
sotto?». O l'ingresso a Palazzo Madama di uomini come il ricco Juan Esteban Caselli, detto «El obispo», il vescovo, assai discusso per i suoi rapporti coi
militari ai tempi della dittatura di Videla e
coinvolto dal ministro dell'Economia Domingo Cavallo nelle accuse di traffico
di armi e altre faccende finite al centro del giornalismo d'inchiesta di Buenos
Aires. O ancora lo sbarco a Montecitorio di uomini come Antonio Razzi,
improvvidamente candidato da Antonio Di Pietro e protagonista, con Domenico Scilipoti, di quello che è stato il salto della quaglia più
spettacolare della legislatura che va a chiudersi. Sancito dal voto di fiducia
al Cavaliere nella drammatica giornata del 14 dicembre 2010 e spiegato nella
confessione registrata di nascosto dal collega Francesco Barbato: «Se si votava
il 28 marzo com'era in programma, io per 10 giorni non pigliavo la pensione.
Hai capito? Io ho detto: ché, se c'ho 63 anni, giustamente, dove vado a
lavorare io? In Italia non ho mai lavorato. Che lavoro vado a fare? Mi spiego?
Io penso anche per i cazzi miei. Io ho pensato anche ai cazzi miei. Non me ne
frega. Perché Di Pietro pensa anche ai cazzi suoi... Mica pensa a me. Perciò
fatti un po' i cazzi tua e non rompere più i coglioni. E andiamo avanti. Così
anche tu ti manca un anno e poi entra il vitalizio». E come dimenticare Nicola
Di Girolamo? Entrò al Senato con 25 mila voti. Poi saltò fuori, come avrebbe
accertato la magistratura, che non viveva neppure all'estero: «Ha dichiarato
falsamente di essere residente in Belgio, nel Comune di Etterbeek,
Avenue de Tervueren n. 143. Tale affermazione si è
subito rivelata falsa in quanto, tra l'altro, nel territorio del Comune di Etterbeek non esiste alcuna Avenue de Tervueren
n. 143. Il Di Girolamo risultava assolutamente sconosciuto all'anagrafe belga».
Non bastasse, emersero rapporti d'affari con la 'ndrangheta (seguiti da una
richiesta d'arresto, dalle dimissioni e dal carcere) e l'intercettazione di una
telefonata in cui l'ambiguo «imprenditore» Gennaro Mokbel
gli diceva: «Se t'è venuta la candidite Nicò e se t'è venuta già a' senatorite
è un problema tuo, però sta attento che ultimamente te ne sei uscito tre volte
che io sono stato zitto ma oggi mo' m'hai riempito proprio le palle Nicò. Capito?». Quanto il sistema fosse a rischio, del
resto, fu confermato come dicevamo dal candidato trombato Paolo Rajo, autore del video citato e girato nel garage col
telefonino. Rajo raccontò a Repubblica.it
che quel rito elettorale era così distante nella testa degli italiani «australianizzati», che l'amico siciliano organizzatore del
broglio sembrava inconsapevole della gravità: «Mi ha detto candidamente
"Ma Paolo, noi ti stiamo già aiutando, in garage c'è me figghiu cu atri boy frend che ti
stanno a riempire le tue ballot paiper»
cioè le schede. Un episodio fra tanti, simile a quello denunciato in Venezuela
da Antonella Buono che presentò intercettazioni di questo tenore: «Senta, le
volevo dire che sono arrivate le tessere elettorali e noi in famiglia siamo
dieci e sa, mi hanno detto di mandarle tutto per posta e che poi voi
v'incaricate di riempirle...». Conferma la denuncia, del resto, un dossier del
Sindacato Nazionale Dipendenti Ministero Affari Esteri. Che dopo avere spiegato
di non volere «mettere in dubbio il diritto dei cittadini italiani residenti
all'estero di esprimere il proprio voto», accusa: «Dal punto di vista della
sicurezza del voto, è opportuno segnalare che i casi in cui le schede
elettorali sono state utilizzate impropriamente da candidati senza scrupoli
abbondano. Con il sistema attualmente in vigore, infatti, risulta fin troppo
facile fare incetta di plichi elettorali con o senza la complicità di elettori
non interessati ad esercitare il proprio diritto». Così com'è, il sistema
spalanca «un vero e proprio mercato all'ingrosso delle schede elettorali».
Molto meglio, piuttosto, «l'adozione del voto remoto, con procedure totalmente
informatizzate, sul modello adottato in Francia per le elezioni politiche
2012». Obiezioni circa la sicurezza? «Facilmente superabili dalla
considerazione che esso sarebbe infinitamente più sicuro di quello attuale...».
Eppure, salvo miracoli, 18 parlamentari saranno eletti ancora con quel sistema.
E magari saranno pure determinanti...
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