domenica 5 maggio 2013

A proposito di testamento biologico


Testamento biologico:
un’occasione per un processo partecipato dalla cittadinanza.

1. Chiedere le buone ragioni della necessità e della tempestività di suscitare oggi in sede politica comunale un dibattito sul tema ambiguo e controverso del cosiddetto testamento biologico entra a pieno diritto nella stessa definizione di democrazia partecipativa: all’interno della quale non è dato l’esercizio delle pubbliche udienze che la costituiscono senza preventivamente conoscerne la collocazione motivazionale e i risultati attesi.
Ciò vuol dire: non dare come ineluttabile qualunque processo di democrazia partecipata, qualsiasi tema ne sia l’oggetto – opera pubblica o evento – per il solo fatto che i pubblici poteri l’hanno indetto, ma accreditare ai cittadini fruitori l’antecedente facoltà di capirlo e condividerlo.

2. Dal punto di vista metodologico, apparirebbe altresì determinante, nella fase di discussione preliminare attivata dal Comune di Venezia, un’esplorazione delle cause all’origine della questione nel suo complesso, più verosimili della semplice asserzione – che va per la maggiore – per la quale il tema del testamento biologico (anche nella forma soft di Dichiarazioni Anticipate di Trattamento) si fonda e si alimenta come soluzione filosofico-terapeutica a un dilemma proprio del fine-vita, che vede da un lato il paziente che vuole decidere oggi per il suo domani e dall’altro il medico che se da un lato deve rispondere alla propria coscienza e alla propria confessione scientifica, dall’altro non potrebbe prescindere dalla volontà del paziente in ordine alla conformazione e/o alla cessazione dei trattamenti terapeutici.

3. Il motivo occasionale che muove il Comune a lanciare un dibattito politico sul testamento biologico, hic et nunc, cioè nell’attuale contesto socio-culturale urbano, sfibrato dagli effetti della lunga crisi economico-istituzionale che attanaglia il Paese, e pertanto forse poco disponibile ad ospitare querelles di tipo astratto, potrebbe facilmente ascriversi alla volontà della Giunta veneziana di ripercorrere quelle prassi già sperimentate da altre amministrazioni comunali (come Torino, Firenze, Pisa, Genova, Bologna, Perugia, Udine) consistenti nell’inaugurare la raccolta auto-organizzata di testamenti biologici, che pur non potendo vantare una diretta efficacia giuridica, rappresentano, in assenza di una specifica disciplina normativa, atti unilaterali volti ad indirizzare la pubblica opinione

4. Prima di tentare un’esplorazione all’interno dell’universo delle probabili cause concrete e attuali che armano in modo più credibile la questione testamento biologico appare necessario un’ulteriore notazione di metodo.
Mai come in questo caso i destinatari dell’informazione nell’ambito dei processi di democrazia partecipativa divergono dai soggetti interessati: non sono infatti, in via paradossale, i malati terminali che dibattono e decidono in ordine alla conformazione e/o alla cessazione dei propri trattamenti terapeutici, ma sono solo soggetti sani che, prefigurandosi solo narrativamente in una condizione futura di malattia terminale (nella quale fortemente sperano di non cadere mai) decidono sulle modalità di prestabilire i fine-vita altrui: in tal senso la stessa validità ed efficacia dei dibattiti appare diminuita.

5. Sotto le valenze filosofiche ed ideologiche che formalmente esauriscono l’armatura del tema laico del testamento biologico, è possibile intravedere, anche alla luce di esperienze di paesi esteri, altre ragioni che a detta di alcuni rendono quanto mai necessaria una regolazione legislativa che sancisca la validità erga omnes di scelte individuali sul proprio fine-vita, auspicabilmente orientate e sapientemente indotte verso la soluzione eutanasica; tra le quali:

necessità di razionalizzazione e omologazione dei fine-vita, anche dal punto di vista economico-sociale: cioè non spendere più cifre esorbitanti per tenere in vita malati che hanno superato una certa età e sono comunque destinati a morire nel medio termine. E’ la soluzione a deriva eutanasica praticata in Olanda e in altri Stati del Nord Europa;

contingenze puramente economiche, come avviene attualmente in Grecia dove, per la crisi, si tende all’eliminazione dei trattamenti chemioterapici, in quanto quello Stato, suo malgrado, non riesce a pagare gli altissimi prezzi degli antiblastici alle società farmaceutiche estere;

forti interessi di trascinamento all’interno dello strumento testamento biologico redatto in forma giuridicamente cogente, anche della materia dell’anticipata destinazione degli organi, con i fasci di interessi economici connessi;

forti spinte a liberare dalla solitudine delle decisioni, e dai rischi assicurativi e penali, i medici e gli operatori sanitari che assistono ai fine-vita.

non da ultimo, l’interesse di attaccare la Chiesa Cattolica da laicisti convinti assertori dell’eutanasia o del suicidio assistito che mascherano sotto le categorie della dignità e/o della libertà in morte, suscitando divisioni e diversità di opinioni all’interno della Chiesa – e della coscienza dei cattolici –, secondo quel metodo assai efficace che consiste nel denunciarne la lentezza di mettersi in linea con i tempi, e gli imbarazzi di sostenere concetti come morte naturale, di ascendenza medievale, dichiarati ormai improponibili alla luce delle più recenti scoperte scientifiche. Corre il rischio che nell’entrare nell’argomento testamento biologico, usando i linguaggi e i paradigmi delle scienze, per mostrarsi all’altezza, esponenti della Chiesa Cattolica possano attestarsi su verità parziali, scivolando nella spirale degli interrogativi senza risposta, degli enunciati senza dimostrazione e delle aporie che ancora variamente animano la questione testamento biologico, in contraddizione con le disposizioni del Catechismo.

Alla luce di quanto esposto auspichiamo che l’iniziativa del Comune di Venezia si esprima attraverso il coinvolgimento della cittadinanza, attivando un dibattito politico plurale: sarà la qualità del dibattito e il tasso di interesse che la cittadinanza vorrà dimostrare a dare valore e sostanza all’iniziativa del Comune.
Si auspica quindi che un tale dibattito sia partecipato, veda contributi da parte di giuristi, medici, bioetici, associazioni di volontariato che assistono i malati terminali per riuscire a cogliere la dimensione antropologica e sociale della questione, evitando di vederne solo la dimensione individuale. Così come si auspica che il dibattito possa sottrarsi per quanto possibile a trattazioni ideologiche.


Piero Selle – Anna Brondino – Roberto Pace

Venezia, 21 marzo 2013